sabato 12 novembre 2011

Piossasco 2011


ANTICHE COME LE MONTAGNE 2011
Sezione Concerti di Parole

1° premio assoluto:
I DISEGNI DEL SILENZIO
Armando Daniele

Fremono aliti di vento,
come angeli d’ombra
sulle ciglia del mare.
Magiche conchiglie
imprigionano ogni suono.

Il silenzio disegna
i suoi cerchi profondi:
l’infanzia li fa giungere
dalle radici di grandi tronchi,
echi lontani di ninne nanne.

Dolci pensieri mi cullano
ed io li tengo in braccio,
come mi stringeva mia madre,
poi li libero lievi,
vivi soffi di respiro.

Sfumano ancora immagini
che appaiono e scompaiono;
un cesto di tiepidi ricordi
si alza volteggiando
tra le braccia dell’orizzonte.

Sto nella luce appannata
di una trapunta di cielo:
ogni attimo ha un’ombra diversa
e anch’io in questo istante
non sono più come prima.

E questa luce soffusa
percorre inquieti sentieri
come arcobaleni scomposti
subito spazzati dalle ali
del vento del cuore.

Abiteranno per sempre gli angeli
il silenzio di un uomo?


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2° premio:

SARÒ
Giorgi Armando

Dove spaventapasseri
vestono toppe arlecchine, rimango.
Vivo lame di luce tra orme d’alberi,
l’età delle rughe e il seme
perso nella tasca, dal colore invecchiato,
la zappa arrugginita al sole
Verdi età, sono scese in mezzo
alle lamiere che corrono increspate
da semafori col pelo iridescente
e feroci sirene incantate dal vento.
Quassù, forse, un giorno,
tornerete, urlando parole di miele,
spingerete abbracci di sentieri.
Troverete, sempre, la stessa attesa.
Sarò, petalo sulla collina delle api,
splendenti regine dei fiori
Mi troverete raccolto,
sotto un ramo incastonato di gemme,
a riempire solitudine col respiro
di un fazzoletto, agitato al saluto.
Adesso, viaggiatori metropolitani,
cercatevi un letto di foglie, quassù,
per baciare la rugiada del mattino
e sarete, come me, dentro l’io
dei primi nati, oltre lo smog.


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3° premio:
ADESSO HO CAPITO...
Biasion Martinelli Teresa

Ho nascosto il dolore pungente
sotto strati di foglie autunnali,
raccolte negli anni trascorsi
con lo sguardo rivolto al passato.
Ho celato grumi di rabbia
nell’incessante cammino dei giorni,
mai uguali a se stessi,
mai vuoti di nuove presenze,
mai paghi di alitare poesia.
Ho placato il mio indomito cuore,
ho imparato la pazienza dei forti,
ho capito
che potevo accettare
la parola da sempre temuta:
rassegnarsi,
imparando a discernere
se valesse la pena combattere
per un’idea, una conquista,
o abbandonarsi alla quiete,
nell’oblio che dona la pace.
Ho accolto in me la sconfitta,
ho curato il mio orgoglio ferito,
nessuno ha più assaporato
il sale amaro delle mie lacrime.
Ho sorriso col cuore spezzato,
ho assopito passioni e paure.
E’ stato il tempo
a guidare i miei passi
sulla scia di screziati ricordi.
Poi ho stretto quelle piccole mani
e ora so perché ho vissuto.


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4° premio:
LASS-ME CANTÉ
Rossi Attilio

Vardand tut col cel ch’a l’é seren
s’a son ràire le nìvole ch’a passo
e vèddo él ciair portà dal sol alvé
mi i ciamo al mond,lass-me canté

Pensand a coj ricòrd èd gioventù
ai gieugh lontan darò cole muraje
ai tanti j’amis che lì a l’é passaje
m’it diso,col pensé,lass-me canté

A-i seurt da drinta col’età già bela,
da cole giornà seulie,sensa pensé,
ij tanti son ch’am compagnavo ‘I di:
con cole nòte dosse,lass-me canté

Ai seugn volà a l’ombra die toe leje,
sota a cole piante fiorìe,tute pèrfumà,
vardand coj euj lusent èd na mortela
m’it prego costa vòlta,lass-me canté

Per tute le còse bele dia nòstra vita
per podèj trové ‘I soris éd na masnà
per gòd-te col bel calor èd na famija
mi vorria dite ancora,lass-me canté

Pèr fé pi longh èl temp éd la salute
pèr avèj sot man le còse da goerné
con tut lòn ch’a preuva a scarsegé
m’it ciamo pèr piasi,lass-me canté

E fin-a a quand Ti sì t’im lasse sté
dzora a sta tèra veja ch’as ruvin-a
fin che mia boca l’avrà ‘n pò ‘d vos
fame canté a la vita. Lass-me canté

-


LASCIAMI CANTARE
Guardando tutto quel cielo ch’è sereno
se sono rare le nuvole che passano
vedo il chiaro portato dal sole che s’alza
ed io chiedo al mondo,lasciami cantare

Pensando a quei ricordi di gioventù
ai giochi lontani dietro ai bastioni
ai tanti amici che lì sono passati
io ti dico,col pensiero,lasciami cantare

Ed esce da quell’età già bella,
da quelle giornate lievi,senza pensieri,
i tanti suoni che accompagnavano il giorno:
con quelle dolci note,lasciami cantare

Ai sogni volati all’ombra dei tuoi viali,
sotto a quegl’alberi fioriti,tutti profumati,
guardando gli occhi lucenti d’una ragazzina
io ti prego questa volta,lasciami cantare

Per tutte le cose belle della nostra vita
per poter trovare il sorriso di un bambino
per goderti il bel calore di una famiglia
io vorrei dirti ancora,lasciami cantare

Per fare durare di più il tempo della salute
per aver sottomano le cose da conservare
con tutto quello che prova a scarseggiare
io ti chiedo per piacere,lasciami cantare

E fino a quando Tu mi lasci stare
sopra a questa terra vecchia che si rovina
finché la mia bocca avrà un pò di voce
fammi cantare alla vita. Lasciami cantare


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4° premio ex-aequo:

IL COLTELLO DEL PESCATORE
Picco Fabrizio

Ho rubato il coltello ad un vecchio pescatore,
in una notte senza luna.. densa soltanto di oscurità e tempesta.
L’ho preso perché potevo farlo: Lui era vecchio e ubriaco di vino da
quattro soldi. Lui era ciò che resta della vita. Io invece... giovane
sprezzante e forte. Lui era il passato, foglia morta che si stacca dal
ramo. Io il futuro, vento impetuoso che gonfia le vele.

Ma non mi ha portato fortuna sai.

Con quella lama ho guadagnato il mio primo denaro, nei vicoli del
porto, Dopo, ho lavato via il sangue con l’acqua del mare mentre la
risacca mi bagnava i piedi.

Non è stato molto difficile sai,

Poi le maree gli anni, la bonaccia e i fortunali... Tutto passato.
Però la sirena intagliata nel manico di cedro profumato mi guarda...
come allora,
E la lama di acciaio damascato.. bella... come fosse argento antico.
Il suo filo sottile come l’orizzonte che separa il cielo dal mare;
mi sorride e mi ammalia ancora.

Ma non è stata una buona vita sai

Ora seduto qui su questo molo costruito con il legname di velieri
naufragati a guardare il mare, a desiderare onde che la mia vecchia
prua non solcherà più,
Mi rendo conto di esser diventato come il vecchio pescatore al quale
rubai il coltello.
E adesso tu.. sei ritto qui di fronte a me e leggo nei tuoi occhi ciò che
un tempo era scritto nei miei.
Tendi pure la tua mano verso di me: Non avrai mai il coltello del
pescatore, La sua lama è maledetta e la sirena sai.. appartiene al mare,
Voltati e torna da dove sei venuto. Perché io possa fare ciò che da
molto tempo avrei dovuto.






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