venerdì 27 agosto 2010

Pamparato 2010

Pamparato ed.2010
VERBALE DELLA GIURIA

La giuria del premio letterario “Una poesia per Pamparato”, composta da
Luca Necciai (Presidente), Marita Rosa e Remigio Bertolino,
riunitasi in Torino il 26 giugno 2010, dopo aver esaminato gli elaborati pervenuti alla segreteria del Concorso, ha espresso all’unanimità la seguente graduatoria:

1° Premio alla poesia: “GIAN”
di ODASSO PAOLO

2° Premio alla poesia: “DISPERATE URLA DI VENTO”
di ARMANDO DANIELE
3° Premio alla poesia: “PAGINE DI DIARIO”
di PEROSINO GIUSEPPE

Ha inoltre deciso di conferire la Segnalazione di merito alle seguenti poesie:
- “LA NOTTE” di LAZZEROTTI BRUNO
- “AD OCCHI CHIUSI” di BAUDINO MARITA


MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Alla poesia “GIAN” - 1° premio
Una meditata e sofferta sequenza di metafore marine (le reti, le barche vuote, i remi) per esprimere il distacco dalla vita e il dolore di chi resta. Versi essenziali e scarni a scavare nell’anima affranta di chi ancora “affonda i remi nel quotidiano”, a dare un senso alle ragnatele di silenzi che calano sugli “addii” definitivi. Una poesia che pare scolpita tanto l’autore ha lavorato per “sottrazione”; ogni parola è densa e insostituibile, ogni similitudine saldamente legata alla precedente nel compatto tessuto sintattico del testo in una rete di sottili echi e rimandi.

Alla poesia “ DISPERATE URLA DI VENTO” - 2° premio
Poesia scandita da un marcato ritmo musicale e da un crescendo di drammatica intensità che si stempera solo nel finale, lasciando balenare qualche sprazzo di speranza per un futuro migliore.
Il dolore del mondo è raffigurato con grande efficacia attraverso un dispiegarsi di metafore altamente connotative; emblematica quella relativa ai versi “un silenzio livido colora/ il mistero di questa notte / squartata di morte e disperazione.”

Alla poesia “ PAGINE DI DIARIO” - 3° premio
Un viaggio interiore, uno sprofondare nei meandri dell’anima.
Potenti immagini si accampano nei brevi versi sciolti ad evocare ciò che giace sepolto dai ricordi e dalle ombre del passato. Esse sembrano scaturite seguendo il flusso di libere associazioni mentali ( “i sentieri di inquietudine / su uno sfondo di arcobaleni scomposti”, “ iperboli di fantasie”) e dànno il senso della cifra onirica di questa poesia.


PREMESSA

Dopo anni di continua espansione il Concorso di Pamparato ha visto, specialmente nelle ultime due edizioni, una più ridotta partecipazione, che si è circoscritta, possiamo dire, ai “fedelissimi di sempre”, pur con qualche rara eccezione. 
Sarà nostro compito indagarne le cause, non ultima, forse, quella relativa alla collocazione della cerimonia di premiazione nel mese di agosto, mese solitamente destinato alle vacanze estive. Ma non è questa la sede per le decisioni che riguardano il futuro e che dovranno impegnare l’Associazione Pro Loco di Pamparato nella sua veste di organizzatrice del Concorso in collaborazione con l’Amministrazione comunale.
Veniamo perciò alle poesie, alla nostra XXIII Edizione.
Si era soliti introdurre questa raccolta, che da sempre dedichiamo ai concorrenti, con alcuni pensieri sulla poesia, sul suo significato, sui suoi contenuti, sul pensiero che hanno della poesia i “grandi della poesia”, a cui noi piccoli facciamo riferimento come ai nostri maestri.
Quest’anno mi sono chiesto se non era invece preferibile chiedere ai poeti del nostro concorso che cos’è per loro la poesia, cosa li spinge, dal di dentro, a confidare ad un foglio di carta e ad una penna le loro emozioni, cosa svelano e suggeriscono al lettore i loro versi.
E’, credo, un modo inconsueto per consegnarvi non una semplice stampa delle vostre poesie, ma un modo di evidenziare, con le vostre parole, le vostre emozioni, i vostri sentimenti, i vostri ricordi, le riflessioni, i voli della mente… Cosa, in sostanza, vi hanno dettato le esperienze della vostra vita, se è vero, come crediamo che lo sia, che prima si vive e poi si scrive.

C’è, nelle vostre poesie, il canto e le delusioni della VITA, con il suo sordo rumore, che ruba la vita stessa ( Cristina Mantisi), che ha i giorni irrorati dal vento delle stelle (Chris Mao), che ci invita a scarabocchiare le sue allegorie sulle pagine bianche di un diario (Giuseppe Perosino), che assomiglia ad un mare sbattuto da disperate, desolate, strazianti urla di vento in attesa di un’alba d’amore e di speranza (Daniele Armando), che non esclude nulla, neppure le ore che mancano al morire (Vanni Giovanardi), che, infine, è simile ad un ruscello che raccoglie e porta a valle i messaggi delle vite che incontra (Maria Rita Brusato).
C’è l’ AMORE, che è dolcezza e passione insieme perché: con un tocco del tuo essere potrei morire qui e adesso (Claudio Malune), oppure: ti prenderei le mani e lascerei le mie dita intrecciarsi alle tue (Marita Baudino).
Ci sono i RICORDI, al cui ritorno ci risfiorano i profumi del passato (Serena Bertaina); ricordi di quel figlio mai nato, che eri già con me quando giocavo con le bambole (Gabriella Barbero), ricordi che ci fanno voltare indietro a vedere le orme del passato (Nadia Tosco); o è un trovare rifugio sicuro tra i fogli scritti che si fanno coperte di ricordi (Gianluca Avagnina).
Ampio spazio di ispirazione è tratto dalla NATURA, dal paesaggio che si offre come corrispettivo oggettivo delle proprie emozioni.
E’ gratificante, quindi, la quotidiana consuetudine e l’ultimo volo d’una cinciarella multicolore sospesa su un ramo di betulla (Pietro Tomatis); invita alla quiete la notte confitta nelle querce vuote di sussurri (Bruno Lazzerotti), o quando il profumo di viole come una nuvola ti avvolge (Franca Rulfi). E’ fonte di desolazione invece il contemplare quelle case nude senza più vecchi a bruciare una pipa (Sergio Aschero).
Continuano per altro a far da cornice a questa manifestazione, la piazza, la fontana, il tiglio e l’estate di questo piccolo paese (Giuseppe Prato), paese immerso tra boschi di castagni, i cui frutti un tempo lontano eran cibo per la vita e ora sono soltanto un ricordo (Mariarosa Bertolino). E non manca l’elogio al vino, perché chi lo beve è propenso al sorriso (Pietro Gallesio).
C’è il SILENZIO, quello dolce come quello della neve che tutto copre e libera la fantasia (Piera Camaglio), ma c’è anche quello desolato dell’addio all’amico scomparso, silenzio greve nell’affondare i remi nel quotidiano (Paolo Odasso).
Non mancano i SOGNI di chi tenta di rubarli all’arcobaleno, gioiendo oniriche illusioni (Miles Sturla), le IMMAGINI di chi piange la fragilità delle zolle, delle quali i venti spargono le ceneri nell’aria febbricitante di azioni inespresse (Giulia Gino) o la SOLIDARIETA’ dettata dall’implorazione di un clandestino venuto da terre lontane, anch’egli un figlio del creato (Franco Robaldo).
E per finire c’è anche la citazione, un po’ tra lo scanzonato ed il provocatorio, che l’uscire di senno è il sussurro dei poeti (Agostino Aime).

Ci siete proprio tutti, citati certo in modo affrettato, a volte un po’ liberamente, ma comunque sufficiente, pur in così poche righe, a cogliere le vostre emozioni. 
Nel ringraziarvi per questo vostro affetto che continua a legarvi a Pamparato e al suo concorso di poesia vi auguro di godere spesso di quei “momenti di grazia”, che ispirano la poesia, di rilkiana memoria.
Eraldo Odasso




TUTTE LE POESIE PARTECIPANTI:


GIAN

Serrate a riva le reti,
esci dal mare della tua vita
lasciandoti portar via
da un ultimo soffio di luce.
Senza un perché volti le spalle
alle nostre braccia tese
lasciando un cesto di ricordi
sulle nostre barche vuote.
E’ questo silenzio dell’addio
che mi pesa nell’affondare
i remi nel quotidiano.

Odasso Paolo
PRIMO PREMIO


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DISPERATE URLA DI VENTO

Piange lacrime nere il mare.

Anime seppellite
sotto pesanti massi di povertà,
senza nome, senza memoria.

Disperate urla di vento.

La terra assorbe il sangue
di poveri angeli schiacciati,
di magri sogni violentati.

Desolate urla di vento.

Un silenzio livido colora
il mistero di questa notte,
squartata di morte e di disperazione.

Strazianti urla di vento.

Un mare col grembo gonfio di dolore
consuma tutte le sue lacrime,
poi abbraccia piano le ombre della notte.

Chiama a raccolta ogni uomo, ogni cuore
e cerca un’alba d’amore
per far nascere i primi bagliori di speranza.

Daniele Armando
SECONDO PREMIO


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PAGINE DI DIARIO
Lascio galleggiare la fantasia
e scarabocchio,
su pagine bianche di diario
le allegorie della mia vita.
Pensieri mi turbano la mente
come logaritmi irrisolti.
Immagini confuse
quali pennellate,
ora vivide ora spente,
disegnano sentieri d’inquietudine
su uno sfondo
d’arcobaleni scomposti.
S’è placato
il ritmo delle pulsazioni
rievocando ricordi
di passioni trascorse.
Iperboli di fantasie
si sono trasformate, nel tempo,
in declinanti parabole
d’illusioni infrante.
All’alba scompariranno
i miei sogni.
Come un soffio di vento
spegne la fiammella
della candela,
così si dissolveranno
i miei frammenti di felicità.

Giuseppe Perosino
TERZO PREMIO

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LA NOTTE

È una ruga del crepuscolo
che sbuccia il cielo
a vestire cerchi
d’un grigiore freddo
e consumato,
serrare lo spazio
disfatto del buio,
imbrunire
l’anima delle stelle.
La notte
è confitta nelle querce
vuote di sussurri,
cuce il brivido
spinoso del vento
ai panneggi della siepe
nera di là dal niente.
Un tempo offuscato
e sospeso
occhieggia di soppiatto
il velo appassito delle chimere
in caparbio equilibrio
fra ombre e speranze
nei respiri confusi del cuore.

Lazzerotti Bruno
SEGNALAZIONE DI MERITO

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AD OCCHI CHIUSI


Dissipa la mia mente,
a volo cieco nel buio,
memoria del tuo viso.

Vorrei, ad occhi chiusi,
indovinarne ancora
con i palmi i contorni.

Le dita nei tuoi capelli,
a scapigliarti, dispettosa;
carezzerei la fronte,

e, lieve, coi polpastrelli
definirei giusto l’arco
delle tue sopracciglia.

Ti chiuderei gli occhi,
rincorrerei il profilo
regolare del naso,

giù fino al labbro umido,
e al mento, dove punge
la barba di stamattina.

E poi le mani, le mani…
ti prenderei le mani,
lascerei le mie dita

intrecciarsi alle tue,
mentre adagio mi cingeresti
insieme corpo e anima,

dentro l’intimo silenzio
di un abbraccio serrato
che invece non dimentico.

Baudino Marita
SEGNALAZIONE DI MERITO

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ALDA
Coriandoli di polvere

Al Roccolo mi dicesti
“….l’uscire di senno è il sussurro dei poeti”.
Non ti chiesi chiarimenti.
Mi è rimasto lì come un sussulto.
Oggi che anche tu sei assenza
come il tuo tiro di fumo,
le tue furie,
le tue vampe d’amore
ho animo per capire
che hai attraversato l’inferno
senza considerarlo un castigo.
Hai saputo proteggerti
con la bellezza della verità
con il coraggio della tua poesia spessa
come colata di lava.
Non ti sei esclusa,
non hai camuffato diversità,
le ambiguità del tuo destino,
le disperazioni ed i vizi
ti sei manifestata sempre con animo leggero.
Vola, e poi ritorna.

Aime Agostino

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IL VINO, ED IL MEDICO

Si dice che:
bevendo vino nero
si allontana il tumore
ma il dottore,
dice che non sia vero

ai propri pazienti:
proibisce di bere;
ma lui, il dottore,
se il vino è buono,
non s’accontenta
di un solo bicchiere.

Perché?
Perché chi beve vino
è propenso al sorriso.
Bevendo, s’addormenta,
e dormendo non pecca
e va in Paradiso.

Gallesio Pietro

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CASE NUDE

Case nude, appese nel tempo,
sputate le ombre,
come inchiostro versato.
Case nude, non più vecchi
a bruciare una pipa,
non più fanciulli ad ignorare la vita.
Case nude, così comode,
per un incontro vietato,
come sa chi vi cerca.
Case nude, messe da parte,
dimenticate un po’ sfuse
su scaffali, di pietra sudata.
Case nude, senza cappello,
piangete alla pioggia,
come donne col rimmel.

Aschero Sergio

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SE

Se,
al buio tu,
non incespichi
più,
e i tuoi
piedi
posano leggeri
su un morbido
tappeto,
se il profumo
di viole
come una nuvola
t’avvolge,
allora,
abbassa il tuo
sguardo,
ti accorgerai
che è arrivata
la primavera.

Rulfi Franca

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CASTAGNA

Dolce frutto di montagna,
dal seno materno del riccio,
scendi a terra a capofitto.

Sei gustosa in tutti i modi,
da ballotta a caldarrosta.

Quante bocche hai sfamato
tanti, tanti anni fa.

Quante volte ti ho mangiata
e gustosa ti ho trovata.

Ora non sei più tanto importante
perché cibo ne abbiamo in abbondanza.

Sei sempre cara ai nostri cuor,
perché se siam venuti avanti
e arrivati alla seconda e terza età,
un grazie sincero vada alla tua bontà.

Bertolino MariaRosa

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CONFESSIONE

Mi rotolo
Tra un libro e l’altro,
il pomeriggio,
un caffè, un profumo,
mentre il tempo fugge
e io lo inseguo,
fuggendo anch’ io.

E’ questo un febbraio
che sembra non passare mai.

Vivo
trascorrendo e trascinando
stanchi i giorni,
con l’alibi dell’inverno, raggomitolato
tra i miei foglio scrtti di sincero inchiostro
che si fanno coperte
di ricordi,
dove solo talvolta trovo
rifugio.

E’ passata un’estate. Lo so.

Vivo forse aspettando
che ne passi un’altra.

Ma dovrei confessare?
Cosa potrei confessare in questo attimo
divorato subito
dal lancettare quieto d’un orologio troppo lontano?

Che io spesso vivo
in qualche ricordo,
in qualche emozione
e non oso più fare
poesia.

Avagnina Gianluca

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SCENDE LA NEVE…

Leggiadri ondeggiano i candidi fiocchi,
chiudo gli occhi, sogno…
cavalli alati, fatine, gnomi,
farfalle, abeti argentati e paesaggi da favola!

Ritorno alla realtà per un attimo soltanto.
Scorgo vette innevate,
bianche distese,
camini fumanti,
auto sfreccianti!

Penso, osservo, scruto
la neve che scende quasi giocando,
ascolto il silenzio che copre i rumori,
il paesaggio a poco a poco scompare
sotto il candido manto e la mia fantasia vola lontano.

Uno squillo, un sussulto,
è il richiamo alla realtà
che per fortuna mi concede ancora
spazi per sorridere,
occasioni per pensare, per sognare e anche per agire!

Camaglio Piera

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LA PIAZZA, LA FONTANA, IL TIGLIO, L’ESTATE
Il tiglio della piazza
e la fontana medievale
hanno oggi un’ importanza
di vitale utilità.

L’alberto, emblematico e maestoso,
è pien di foglie cuoriformi
pien di frutti capsulati
pien di doni da ammirare e pur da utilizzare.

Sotto la fronda c’è il salotto
semplicemente sistemato
e pur nella modestia giorno e notte è frequentato.

L’artistica fontana
con le bocche da leone
per dissetarne tante
sfocia acqua in continuazione.

La grande piazza fa il paese
ma tutto in un angolo è concentrato.
E il popolare ritrovo, semichiuso, protetto, ornato
è la ricreazione estiva per Pamparato.

Prato Beppe

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IL RUSCELLO

Il ruscello è come un neonato
fragile ma immortale.
Il suo rumore incanta tranquillizza,
è come un usignolo che riempie i cuori
di felicità.
È come un’ aquila che raccoglie i messaggi
degli animali e degli alberi portandoli dolcemente a valle.

Brusato Maria Rita

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HO COSTRUITO L'AMORE

Ho costruito l’amore
pietra su pietra, un palazzo
di sogni per toccare il cielo.
Ho inventato l’amore, l’ho scelto,
voluto, desiderato col furore
degli anni più giovani
quando solo quello bastava
a contare le ore del giorno.
Ho creato l’amore per non essere sola,
l’ho creato grande come un albero
dalle radici forti che nessuno mai
avrebbe potuto strappare alla terra.
Un amore per amare l’amore
e da quell’amore lasciarmi amare
fino a starne male.
Poi, ecco, il niente, un boato nel cuore
il sordo rumore della vita
che ruba la stessa vita.
Ecco un sogno sconfitto,
ceduto alla terra con ogni pietra
a morire per sempre,
la prima verità svelata
con la cruda realtà dell’impotenza
di essere soltanto umana,
senza la speranza di poter tenere
quell’amore intatto tra le mani.
Ho creato l’amore per illusione
per simulare l’eternità che non avrò
in questo viaggio senza senso
dove si va insieme per morire soli.

Mantisi Cristina

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MAGNOLIA E ACERO ROSSO

Due piedi lesti nella polvere della campagna,
la corsa di un bambino sui saliscendi delle colline,
ma nell’assolata corte
a sera
nonno raccontava all’ombra di un acero rosso
così fine e così fiero ,
lì si snodavano storie e filastrocche;
andavano ad intrecciarsi
ai rami gentili della magnolia.
Ricordi d’infanzia
che tornano alla mente
e ti risfiora con la delicatezza di un petalo
quel profumo di langa che torna dal passato,
legato al suono di un dialetto mai perduto,
rimasto nel cuore
di un bambino diventato uomo
lontano da quella corte.
Lontano da quella magnolia e da un acero rosso.
Il passato che torna
con fatica ed emozione .
Senti il vento, tra le foglie ballerine
nel loro abito porpora.
Sulla panchina, quel bambino,
ora racconta,
nel prato qualcuno ascolta ,
il vicinato è riunito.

Bertaina Serena

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FIGLIO


Sei vivo da sempre
Anche se non sei mai nato
Eri già con me quando giocavo con le bambole
E tutti mi dicevano che sembravo già una mamma
Dolce desiderio , tenero pensiero
Ti ritrovo in mille volti
Ti penso nei miei sogni
Ti desidero da sempre
Non ti avrò mai
Perché non era il momento giusto
Per te non è mai stato il momento giusto
Ieri c’era ancora tempo , oggi è già tardi
Non ci siamo potuti incontrare
Ma il mio cuore ama tanti occhi azzurri come i tuoi
Dà loro affetto e tenerezza
I loro sguardi mi cercano ,
Non mi dimenticano
Figlio dell’immaginazione
Sento la tua voce nel vento
Vedo il tuo sorriso
Perché somigli così tanto a quella bambola?
Ed il sole torna a splendere :
Domani non sarò sola
L’ho voluto solo io
Mio figlio c’è , è dentro di me.

Barbero Gabriella

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FRAGILITA'

Nuda vanità celeste
di grigi acquari, freddi
al tocco di mani
bisognose di ripari precari.
Crepe profonde di zolle
sferzate da venti
che ne spargono le schive ceneri
nell’aria febbricitante
di azioni inespresse.
Elementi confusi, contratti
in molteplici strati
di adipose sorti naturali.
Disequilibrio di assi cartesiani
nel voluminoso serbatoio
di umanità latente.

Gino Giulia

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CIELO

Avanza, dilata, ricompone le mancanze
d’ogni esistere in pensiero
si dispone, lasciando nulla escluso
neppure le ore che mancano al morire.

Là in orizzonte, dopo le schiere dissolte dei pioppeti
e dietro le passioni e compassioni
assorbite dalle pietre dei cortili, si sente
come un peso che schiaccia sulle spalle
(tracciato da invisibili taglieggi d’ali)
l’ammasso d’ogni azione
il contrasto, la saggezza disprezzata
e le ferite delle ortiche
ogni volta inferte sui ginocchi.

Rivivono, le maledette ultime parole
giovanili, affogate in fiume
le poche nuvole rimaste a bisbigliare col dialetto
e le ciglia, intossicate, dei vecchi re-contadini
ancora stupefatti davanti ai margini malandati del grano

le donne, come vasi di terra screpolata
lasciano composte a mezza strada le finestre
faticando a crescere, creare, concepire.


Mio padre ieri, in piazza stava invecchiando
e mia madre non s’accorge più dei passeri
che fanno ormai fatica e disuniti
vanno a rompersi nell’aria, sprecando il cielo.

In questi giorni di stagione bassa
la luna
molto più del sole
si è adattata al nero-fumo dei camini.

Giovanardi Vanni
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TUTTE LE COSE

Sento il tempo che corre,
corre veloce verso l'ignoto,
corre al galoppo senza respiro.

Mi volto indietro e vedo le orme,
tante, infinite, è il mio passato.

Guardo in avanti e vedo un mistero,
troppe le cose ancora da fare.

Allor mi domando:" ce la farò?".

Riuscire a fare tutte le cose,
lasciare un segno dell'esistenza,

un soffio d'amore da tramandare,
piccole gioie da ricordare,
tanti pensieri da sviluppare,

con la sapienza del tempo che va...

Tosco Nadia

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CINCIARELLA

Corpicino dai bellissimi colori
sospeso su un ramo di betulla
a beccar semi da una mangiatoia.

Rompevi la noia di giorni duri,
coi tuoi amici vita del mio giardino.

Solo tu mi venivi vicino
senza paura, a sfiorar la mia mano.
Forse un grazie per i chicchi di grano

poi l’ultima volta…
Seduto sul prato, mi sei venuto vicino,
t’ho parlato, chiamato per nome.

Hai girato festoso più volte
come mai era accaduto.
Ora so… l’ultimo struggente saluto.

La bianca betulla è intreccio di voli
cinguettii e tanti colori

Ma a lenire un pensiero, un’ansia
un dolore che opprime e stanca
non c’è più la tua voce,
il tuo piccolo cuore mi manca

sono ormai un ricordo
una dolce testolina, un frullo gioioso di ali,
una graziosa vocina
che qualcosa cercava di dire…

Ma ascoltando in silenzio tra gli alberi,
quel dolce rumore dei tuoi voli
e quella piccola voce,
dentro me, potrò ancora sentire.

Tomatis Pietro

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CLANDESTINO

Fratello
non cacciarmi dal tuo paese.
Non umiliarmi così.
Son venuto
da terre assai lontane
per trovare pane, pace, libertà.
Non voglio
approfittare delle tue cose.
Voglio solo
vivere con dignità.
Non badare
al colore della mia pelle.
Non temere
se parlo un’altra lingua.
Sono anch’io
un figlio del creato.
Suvvia
dammi una mano.
Un giorno
Dio ti ricompenserà.

Robaldo Franco

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IMPERITURO NELLA MEMORIA DI DUE AMANTI

È tempo consacrato alla notte
questo che hai conservato per noi,
che con un bacio m’hai reso immortale
per le tue labbra giulive.
Ed io, con un altro bacio,
t’ho resa immortale per me
e me solamente, per la mia bocca
assetata di stagioni nuove,
per la mia mente che non patteggia
se t’assenti.
Ti dico che siamo divenuti immortali
entrambi, e con un tocco del tuo essere
potrei morire qui e adesso,
nella notte ch’è stata consacrata per noi
e per i nostri sapori più ardenti.

Malune Claudio

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L’AMORE PERPETUO

L’amore perpetuo che ti comanda
è una rugiada che non sopporto,
avvelena gli steli del mio avvenire.
Muovo contro di te
i battitori del mio istinto,
portano al collo
l’amuleto della mia coscienza
e ti cercano
in ogni anfratto della notte,
per sedare la tua ossessione.
Voglio allontanarmi
dalla nuvola infetta
della tua passione ingenerosa
e per farlo
fortificherò la stanza del mio intelletto.
Porterò in dono
al sultano della ragione,
i miei giorni irrorati
dal vento delle stelle,
per avere in cambio
lo scrigno dei pensieri consolatori.
Ma tu non essere tenera
con chi ti respinge,
è pur sempre il carnefice
della tua volontà bambina.
Prendi la scure del coraggio
e taglia in due il rancore;
con la parte che mi spetta
nutrirò le sentinelle del perdono.

Mao Chris

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LE STAGIONI DEL VENTO

E’ tornato il tempo delle viole
primavera fanciulla / ora.
Sbocciano a ridosso della Ripa Grande
là dove il sentiero volge a Belbo.
Anelito di terra intorpidita
s’affacciano tremule a refoli impietosi
tra erbe sottili e cespugli acerbi.
E qui ancora ti cerco ombra del passato
vestita di profumi e di colori….
Riascolto i tuoi passi accanto ai miei
nel regresso richiamo del cuore,
qui dove rubavi i sogni all’arcobaleno
gioiendo oniriche illusioni.
Ti cerco nel vento che porta le stagioni
e nel mormorio dell’acqua che gonfia il torrente
e trascina echi antichi.
Ti cerco nella notte che veste le illusioni
e ancora, al primo bagliore della luce.
Così nel cammino degli anni
forzieri di ricordi e di attese,
fino a quando del mio giorno
non resterà che la sera.

Sturla Miles






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Pamparato 2010
Tutte le poesie partecipanti al Certamen:




La voce

Il paese sulla collina
ha case di pietra segnate dal tempo.
Smorte facciate custodi di stanze spoglie
cui solo il vento dà voce
svelando memorie di stagioni remote.
La panchina in fondo alla piazza
mi aspetta da sempre / discreta /
dentro il cerchio chiuso degli alberi
velati da brume autunnali.
Mi siedo e li vedo passare…..
Avanzano …..Ognuno con il suo peso,
tra essi anche mio padre
curvo di anni e di fatica,
la fatica pretesa da questa terra
che ha bevuto goccia a goccia
il suo sudore e la sua vita.
Vorrei parlare … Chiedergli perdono …
Dargli finalmente l’amore negato
o forse soltanto represso….
Ma non ho voce né bocca!
Solo il dolore che mi graffia dentro
e mi espande in tutte le cose
portandomi al fine accanto a Lui
per camminare insieme verso la quiete.

Sturla Miles
PRIMO PREMIO Certamen
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Falena

Bambina,
giocavi con bambole di pezza
intrecciando
corone di fiori
e vivevi
in un mondo di favole.
Ragazza,
ammiravi
tramonti di fuoco
e sognavi
giorni di passione.
Donna
hai venduto il tuo corpo
ricorrendo
effimere illusioni.
Ora, interrotto
il tuo volo notturno,
confinata
tra grigie pareti di pianto,
il volto solcato
da rughe di dolore,
attendi al crepuscolo
l’ultimo inganno.

Perosino Giuseppe
SECONDO PREMIO Certamen

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Enio

E’ nevicato, venerdì.
Poco.
Per fare in modo
che le tue impronte
segnassero la strada.

Come in tutta
la tua vita,
in silenzio,
hai tracciato la via.

Sta nevicando oggi.
Di più.
Per cancellare
le nostre orme
confuse.

Odasso Paolo
TERZO PREMIO Certamen


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Ti ho chiamato fratello

Tu,
che sei diverso da me,
che mi guardi con quegli occhi stanchi,
che vaghi, che ami, che navighi, che odi,
che mi parli con quegli occhi stanchi,
che voli, che decolli, che atterri, che piangi,
che piangi con quegli occhi stanchi,
che cammini, che ti fermi, che cadi, che ti rialzi,
che guardi oltre me, mentre io mi vedo riflesso
nei tuoi occhi bui,
che stai lì, sul bordo di una strada, come me
cercando una risposta,
ed entrambi abbiamo fatto l’auto-stop,
in questa terribile temibile meravigliosa corsa
contro il tempo, un vento leggero e implacabile
sui nostri capelli, ormai bianchi,
ma nessuno si è fermato per noi, mio caro amico,
e così i nostri piedi si sono fidati l’uno dell’altro,
come io mi sono fidato di te, e tu di me,
chilometro dopo chilometro più forti insieme,
lungo questa polverosa rovente strada.

Ti ho chiamato fratello, perché con te
ho condiviso ogni pensiero, ogni emozione,
ogni piccola parola che ha aperto il mio cuore.
Senza di te, sarebbe stato come ordinare
nel miglior bar, il miglior caffé
senza lo zucchero.
Ti ho chiamato fratello, perché ho capito
che fare tre passi con te è molto più
di fare mille miglia a bordo di un bolide.

Avagnina Gianluca

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Cielo d’autunno

Guardandoti o cielo,
piange il mio cuore,
lo riempion di malinconia
questi mesti colori.

Ci manca il sole,
padre dell’amore, ci manca
la sua luce e il suo calore.

Se anche tu necessario sei,
accelera i tempi,
perché alquanto prima
possiam nuovamente rivederti seren.

Bertolino MariaRosa

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 Piango

Piango
e non mi vergogno
triste è la vita
quando senti
l’anima
che ti piange dentro
quando
pesante è
l’andare avanti
quando
la malinconia
come un vortice t’assale
cuore
non mi abbandonare
fammi i tuoi battiti
di felicità risentire
fa’ che ancora
io possa
con te gioire

Rulfi Franca

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Nel campo della morte

Ho avuto una vita e mi è stata rubata.
Ho avuto un sogno ed è stato cancellato.
Adesso non credo e non vivo.
Anche il peso dell’aria mi stringe
e mi tortura come una morsa di ferro
con catene che tolgono il respiro.
Ho sognato l’utopia di un mondo nuovo
e in quel mondo si è scomposta la mia anima
in milioni di frantumi senza forma.
Qualcuno ha ucciso la mia voglia
di vivere, la mia gioia di volare.
Se il dolore è così grande
mille volte meglio questa morte
che ha pietà del corpo torturato
perché oltre quest’incubo più niente
vale ancora una vita da essere vissuta.
Anche il cielo sopra i nostri occhi,
è solo un cupo presagio di morte
che ci avvolge ogni attimo
col suo alito di sangue.
Non volano più gli angeli,
ma tutti i diavoli dell’inferno
che oltraggiano le nostre anime
ogni momento, senza pietà
nella completa assenza della vita.

(In ricordo di tutti coloro che hanno subito violenza
dai propri simili nei campi di concentramento e a
quanti ancora subiscono tale ignominia in diverse
parti della Terra)


Mantisi Cristina

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Polvere di stelle

Mille pensieri
come leggiadre farfalle.

Mille ciotoli
lungo la riva del fiume.

Mille affanni
nella vita di ogni giorno.

Mille sogni
affascinano la mente
come polvere di stelle
si perdono tra le pieghe della fantasia!

Polvere di stelle,
essenza del Creato,
schegge di diamanti
che luccicando accendono mille pensieri.

Mille luci
brillano lassù nel blu del firmamento,
rapiscono lo sguardo,
elevano il cuore che leggero si perde in quel mare di polvere di stelle!

Camaglio Piera

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Lo specchio

Attraverso gli occhi di un bambino
vedi la vita come in uno specchio.
Occhi!
Come specchio magico
che ti insegna a riflettere la vita.
Ti lascia con te stesso,
quello specchio,
ti insegna a capire.
Negli occhi di un bambino,
scopri sinceramente cos’è importante.
Quegli occhi si aprono a te
e guardandoli …
scopri chi sei.
Hai gli stessi occhi ma … lo hai dimenticato.

Bertaina Serena

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Vorrei

Vorrei essere
un’aquila per volare libera nel cielo ed esplorare i posti più avventurosi.
Vorrei essere
un ruscello perché non smette mai di vivere.
Vorrei
che il senso della vita fosse più profondo.
Vorrei
essere il custode della Terra.
Vorrei
essere una lucciola per illuminare tutti i cuori di felicità.
Vorrei
vivere su un’isola sconosciuta
Vorrei
essere uno scienziato per scoprire la macchina del tempo.
Vorrei
avere una nave tutta per me e
navigare nel mondo della FANTASIA
…VORREI …

…VORREI …

…VORREI ….
VORREI

Brusato Maria Rita

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Rapita

Ti ho incontrato
in un gesto.
Prendere la mano
per prendere l’anima.
Tumultuosa
nell’intensità di uno sguardo
stupito della meraviglia
e della tragedia
di un sentimento
sconosciuto e profondo
che ha rapito la vita
per rendersi eterno.

Nasi Raffaella