domenica 15 novembre 2009

Dal Forum

Poesie di...
Lucio Freni



RICORDI

Io, il cielo
che guardi,
che sospiri.

Il Sole ti guarda
sghembo
dietro nubi.

I tuoi occhi
seguono il cammino,
di lampioni gialli
mentre lacrime,
di pioggia fine,
disegnano ricordi
sulla tua schiena.






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ATLANTE

Atlante regge il mondo sulle spalle,
possente e silenzioso rende vite reali,
ma ora e' stanco, ossa ormai gialle.
Cerca con gli occhi un paio di ali,

per reggere il mondo nei suoi giri.
O uno spillo per bucarlo,
e non sentire piu' i sospiri,
dell'animo e del suo tarlo






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ALLA FANTASIA

Giovani anime nude e potenti
si avvinghiano sul pavimento,
tra latte di vernice e di solventi
che il loro vivido turbamento

rovescia, lingue di colore
si confondono in un bianco abbagliante
di quello che non puo' essere dolore!
mi imbratto di gioia, mia Amante.



Lucio Freni
Le poesie di L.Freni sono presenti sul nostro forum al link:http://amicipoesia.mondoweb.net/viewtopic.php?f=2&t=1296

mercoledì 4 novembre 2009

Dal Forum

Poesie di...
Michele Collatina



LYEDRA

Lyedra,
troverò la strada che porta al castello
di pietre d'argento
dove prigioniera intessi trame di sogni
con fili di nebbia temprati dal pianto

Lyedra,
le verdi colline da tempo ho lasciato
Brandendo la spada di sangue ho bagnato
le nere terre degli elfi
In mille sentieri ho udito la tua voce...

"Non dimenticarmi
Io esisto
non solo nei tuoi sogni
Non abbandonarmi
La speranza ti porterà da me"


Lyedra,
tra mille sentieri ho scelto la mia strada
di lande ghiacciate e deserti di sale
Non trovo i confini del regno
da dove mi giunge la tua canzone...

"Non dimenticarmi
Io esisto
non solo nei tuoi sogni
Non abbandonarmi
La solitudine ti porterà da me"


Lyedra,
silenzio della notte e lacrime di cera
Senza spada né destriero mi accingo al cammino
che conduce al castello di pietre d'argento
da dove tu canti una triste canzone...

"Non dimenticarmi
Io esisto
non solo nei tuoi sogni
Non abbandonarmi
Il tuo Amore ti porterà da me".


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SENZA UN LAMENTO

Tu chiedi a me se è possibile
trovare nelle stelle
tutti i sogni che perdono la via

Nel buio gli occhi tuoi brillano
cercando una risposta sulla volta di questa notte
ma ormai
le mie parole non servono
a sciogliere il dolore
che ti lega alle stelle
come se
in queste stelle le lacrime
avessi abbandonato
rimanendo senza un lamento
nelle tue poesie

Senza un lamento canterò per te
con il silenzio della verità
Forse gli occhi tuoi piangeranno
bagnandomi di serenate e fiumi di poesie

Senza illusioni canterò per te
mute canzoni sopra un palco di stelle
dove i sogni tuoi danzeranno
vestendosi di freddi inverni e di malinconia

Quando tu sarai addormentata
brilleranno le stelle
negli occhi velati di silenzio
e chiamerai
tutti i sogni che vedrai
con i nomi delle gioie
che non sai più vivere

Senza un lamento canterò per te
per un momento fuggirò in quelle stelle
dove i sogni tuoi piangeranno
i baci delle primavere ormai perdute
nelle strade verso il mondo
che inseguendo hai ritrovato qua:
senza un lamento.


Michele Collatina, AKA Stolcius Von StolcenbergLe poesie di M. Collatina sono pubblicate sul nostro forum al link:
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lunedì 12 ottobre 2009

Dal Forum

Poesie di...
Lias




Nel pensarti

Ti penso spesso
e .. ogni volta che ti penso.. mi pervade una strana sensazione.
Parte tutta dallo stomaco.. come strano languore..
poi mi sento un po' tremare.. non alle mani.. ne alle gambe..
ma dentro.. in petto.. come se qualcosa ne volesse uscire.
E d'improvviso sento quest'emozione crescere così forte..
così intensa.. che pare volare fuori dal mio corpo
e avvolgermi in un abbraccio ideale... ermetico.
Ed io.. così racchiusa in quel turbamento..
al sicuro da ogni altra interferenza..
dolcemente mi perdo........
sostando.. senza fine..
..................................nel pensarti. 
 
 
 
_________________________________
E VIVO DI TE

E vivo di te…
Del dolce tuo cullarmi
In splendide emozioni..
Di sguardi che parlano di tutto..
Di accenti che riempiono il mio niente.

E vivo di te…
Null’altro m’accalora..
Ne mi sconvolge..ne mi travolge ancora..
Come il cercare un’estasi emotiva
Nella soddisfazione del tuo Amore.

E sempre.. alla scadenza dei miei passi..
Anche se.. solitari.. finiranno
Contro barriere di un avvenire incerto..
Vivrò di Te.. mio bene.. e nella fede
Che è solo Amor che tanta vita infonde..

Chè in questo mondo solo Amore è vita..
Chè in questa vita solo Amore conta..
E allora… sarà Niente il mio patire
Se anche è per sempre!
E morirò di te..
………….…….. e sarò Luce……….
 
 
Lias
Le poesie di LIAS sono presenti sul nostro forum al link:http://amicipoesia.mondoweb.net/viewtopic.php?f=2&t=1269

giovedì 20 agosto 2009

Pamparato 2009


Pamparato ed.2009


VERBALE DELLA GIURIA

La giuria del premio letterario “Una poesia per Pamparato”, edizione 2009, composta da
Luca Necciai (Presidente), Marita Rosa e Remigio Bertolino,
dopo aver esaminato gli elaborati pervenuti alla segreteria del Concorso, ha espresso all’unanimità la seguente graduatoria:

1° Premio alla poesia: “D’ALTROVE”
di STURLA MILES


2° Premio alla poesia: “TURBINANDO”
di AIME AGOSTINO

3° Premio alla poesia: “GENESI”
di MANTISI CRISTINA

Ha inoltre deciso di conferire la Segnalazione di merito alle seguenti poesie:

- “VAGHEZZA” di GINO GIULIA
- “GENESI” di ODASSO PAOLO


MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Alla poesia “D’ALTROVE” - 1° PREMIO
Un profondo legame d’amore con la terra e un’armonia senza tempo – custode, quest’ultimo di risposte e di preghiere – dominano questa poesia che inizia con versi di limpida forza nei quali appare la meraviglia di fronte a ciò che è semplice e naturale ma, al tempo stesso, misterioso.
E’ presente anche la consapevolezza che tutto ciò che è stato dato, frutto della fatica, non si cancella ma entra nel “grande mare” della memoria a beneficio di una vita che di continuo rigermina – germinerà il seme di un nuovo mattino.
Il testo, inoltre, ha un incedere meditativo che esprime una pacata saggezza e ricorda l’atmosfera di certi memorabili versi di Mario Luzi.


TUTTE LE POESIE:

D’ALTROVE

Tu non sai il silenzio antico
di queste colline
nascosto in anfratti di muschi e di licheni!
La fatica di sangue e sudore
dell’uomo chino sulla terra
né il passo greve del contadino
e i canti all’osteria.
Tu sei straniera qui, creatura d’altrove
là dove il mare racconta altre storie
e uomini duri fondano città sulla pietra.
Hai cercato voci e parole
tra i muri grigi delle case
e nelle navate scure delle chiese
ma il tempo ha custodito risposte e preghiere.
Ascolta la voce del vento
quando la notte geme sui crinali
corteggiando betulle e castagni,
scenderai allora a gesti non compiuti
e il cuore, tornato fanciullo
germinerà il seme di un nuovo mattino.

STURLA MILESPrimo premio assoluto

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TURBINANDO

Il vento è impaziente come me
per questo mi piace, un po’ mi appartiene.
Mi affascina la sua forza
che trascina
trasporta
spinge e gonfia
frulla fantasie
estrae profumi
fa risaltare profondità
sovrappone
scuote dall’indifferenza
e turbinando imprevedibile, irrispettoso
crea all’intorno un senso di sorpresa.
A volte lo vorrei raccogliere nel pugno
ma mi piace che non si lasci afferrare
non sarebbe più il vento.

AIME AGOSTINO


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GENESI

Mi ha preso
l’onda dal soffio selvaggio
e il mio respiro
è diventato vela
inseguita dal vento.
Cercando i pensieri,
annullando l’anima mia
stessa essenza di mare
ho desiderato orizzonti
sulle creste schiumose
cercando altri mari,
peregrinando sempre
senza voler mai
nell’inconscio più nascosto
approdare su sconosciuti lidi.
E la mia paura
è diventata drago,
ha risvegliato il mostro
dalle fauci d’acqua,
la piovra dimenticata
negli abissi della mente.
E in tutto quel mare
ho lasciato che l’anima
naufragasse di nuovo
non più schiava del pensiero,
ma persa in verità assolute
libera di nascere
mille volte ancora
in mille gocce… ancora.

MANTISI CRISTINA


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VAGHEZZA

Un cielo stellato
Racchiude strani tramonti:
Una prateria
Di pensieri
Ed una lacrima
Di incertezza.

Una mano
Si posa leggera
Sul tuo viso
Che
È invisibile.
Il contatto
Brucia
Sulla pelle
Come fuoco
Come cenere.

A volte
Non si trovano
Le parole adatte
Per descrivere ciò
Che si ascolta.

Il silenzio è
La prova più grande
Da superare.

GINO GIULIA


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GENESI

In principio Dio creò il cielo e la terra……………Gen 1.1
…….Dio disse:” sia la luce” e la luce fu…………Gen 1.3

Tutto viene!
Come uno sciame
esploso nel vento.
L’uomo,
nudo di se stesso,
accecato dai primi
bagliori,
tronca il cordone ombelicale
che lo ancora al buio.
Libero da ogni vincolo
e arbitro della propria genesi
decide il suo cammino
liberando i suoi passi.

“Io sono voce di uno che grida nel deserto…….Is 40.3

La sabbia nasconde i passi
e confonde la strada.
Sperduto,
vestito di nulla,
affossato da sogni spezzati.
Smarrito in un vuoto labirinto
di anime algide.
Il suo grido lampeggia
tra mille dune senza orizzonti.
Cos’è stato
della speranza?

…”Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri…..Gv. 13.34

E’questo infine!
Secoli di sguardi e di urla nei venti
hanno generato lacrime amare.
Lavati gli occhi,
l’uomo torna alla genesi
e nudo di tutto il passato
si rispecchia nelle sue orme.
Inizia ora
il senso delle cose compiute,
come uno sciame
esploso nel vento.

ODASSO PAOLO


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LE PORTA IL VENTO

Le ha portate quel dolce vento,
avvolte dal fruscìo, le tue parole,
quando sussurrava per allietare
la nostra scanzonata primavera

Correva lieve per regalarle a me
porgendole come soave musica
nell’espandersi liete per l’infinito,
nell’azzurro, ad esiliare le nuvole

Non s’accese mai luce del giorno
dove l’eco della tua delicata voce
posata sopra ad un cavallo alato
non giungesse a rallegrarmi l’ore

Dentro al giardino della vita mia
la gioia seminò sopra al sentiero:
volando come il fido messaggero
che il miracolo tende a rinnovare

Arrivò l’estate col suo cielo terso,
dove il vento continuò a soffiare:
rondini in volo come a disegnare
la magica bellezza del momento

I morbidi voli creati dalla fantasia
or colgon la dolcezza del domani
nel tenero filo ch’è nelle tue mani
che strada indica al tuo destriero

Su quelle strade vive ancora luce
come nell’alba d’un nuovo giorno:
miste al fruscìo che ancora sento
vivon le parole e …le porta il vento.

ROSSI ATTILIO



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IL TORRENTE

Scorre allegro
verso valle
spumeggiante
quasi fosse adorno
di preziosi merletti.
Lungo le sponde
al suo passaggio
s’inchinano riverenti
i sottili giunchi
che ondeggiando
firmano una coreografia d’autore.
Gonfio d’acqua
trascina a valle
speranze ed affanni
del montanaro
che vigile lo osserva
e l’accompagna
verso il piano
con lo sguardo amico
che si infrange nelle sue onde
come il blu del cielo
ed il candore delle nuvole
che lo attraversano.

CAMAGLIO PIERA



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PAMPARATO

Posto in mezzo al verde,
sei un paese eccellente.

Gruppi di case
sparse un po’ ovunque,
fan da corona al
maestoso Castel.

La gente
ancora buona e genuina,
come l’aria fresca e pura
che quassù si respira, e tu ci doni,
accoglie il turista, con fraterno amor.

Non manchi di comodità
col pulman per scendere in città.

Poche volte quassù mi recai
ma sempre nel mio cuore resterai.

BERTOLINO MARIA ROSA



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RUGIADA

Mentre
la mia anima
si riempie
di gioia,
mentre
i miei occhi
stanno alla vita
sorridendo,
lo sguardo mio
si perde
nell’orizzonte
e quando
il sole
bacia le nuvole
dai miei occhi
pieni di gioia
scendono lacrime
che somigliano
a gocce di rugiada.

RULFI FRANCA




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NON C’E’ PIU’ TEMPO PER VIVERE

La corsa, il sole

Il giorno che muore
a quest’ora della sera dove le ombre
riprendono tutte il posto che a loro spetta,
mentre il sole languido lambisce gli ultimi
strascichi di nuvole rosa; mi fermerei.
Mi fermerei da solo, con il naso rivolto al cielo,
a far stupide fantasie sulla loro forma.
Oh, guarda! Quella mi ricorda proprio una nave!
Che salpa, che salpa, da un porto lontano per porti lontani.
Come io vorrei essere, lontano. Forse non da qui,
non da questo luogo: solo da tutte le cose
che sembrano piccole piccole, ma che ogni giorno
si portano via un pezzo di me.
Che sto morendo, pian piano, tramonto dopo tramonto,
passo dopo passo. Verso la sera.

Mi piacerebbe essere un pittore. Non avere il dono della parola.
Vivere in un posto dove non servono le parole per la pace,
né per favore la guerra, né per l’amore, né per salutare uno starnuto.
Mi piacerebbe dipingere il mio mondo a colori vivaci,
e, senza parole, mostrare il mio quadro al primo mio simile,
e vederlo sorridere: della mia follia, o della mia arte, non m’importa.

Ma qui,
lontano dalle mie fervide e follemente compiaciute fantasie,
non mi è stato dato il dono di disegnare.
Come armi, come medicine ho solo le parole.
Le parole! Arma a doppio taglio, estasi e dolore.

Ma qui,
è tutto diverso.
Chissà quando mi capiterà una sera come questa!
Fermarsi, semplicemente, senza paura, senza sentirsi schiocchi.
E lasciarsi trasportare da un foglio di carta e una penna.

Non c’è più tempo per vivere,
più di un semplice battito di cuore
più di un naturale respiro affannato,
più di una lacrima gettata di nascosto al vento.

Non c’è più tempo per scrivere,
per parlare, per dire qualcosa di noi.
Per esprimere quel poco che ancora ci rimane.

Ancora meno tempo ci resta per pensare,
per riflettere due secondi, per ponderare
scelte troppo spesso purtroppo sbagliate,
prima di finire di nuovo inghiottiti
da questo fiume che non si chiama vita,
che non è nobile divenire, ma maledetto deteriorarsi.
E morire.

AVAGNINA GIANLUCA



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LA RABBIA

Urla, strepita,
ecco la rabbia
che ti avvolge
come un velo
nero e triste.

Urla, strepita,
ecco la rabbia
parole brutte
che volano
senza fermarsi mai.

Urla, strepita
ecco la rabbia
come un uccellaccio nero
che gracchia
e copre il mondo
con la tristezza
e il volersi male.

Urla, strepita
ecco la rabbia
come un bel disegno
strappato a metà
con odio e disprezzo,
per dispetto.

CIGLIANO AGNESE



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DOVE SEI?

Ti cerco
nello sguardo assente del vecchio
che deambula greve
chiedendo sostegno ad un bastone.

Ti cerco
nei corpi straziati dei bimbi
dilaniati dalle guerre
e dagli odi tribali.

Ti cerco
nella sofferenza dei morenti
che disperatamente invocano
l’ultima speranza.

Ti cerco
nel dolore di una madre
cui è stata tolta
l’essenza della vita.

Ti cerco
nelle catastrofi immani
che tutto travolgono e distruggono
lasciando solo terrore e morte.

E tremo
pervaso dal timore di incorrere nel Tuo castigo
per aver dubitato
della Tua infinita misericordia.

ROBALDO FRANCO



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DONNE APPASSIONATE

Nella bizzarra primavera dai tenui colori
donne appassionate – a gambe nude – sfidando vanno
speroni uncinati di nascosti amori.
Tra ricurvi fiori e veli di fragile fogliame
(becco adunco o artigli superbi di rapace)
d’ognuna – impaziente – l’avìto sogno giace
e vergine sussurra il turno primo d’uno sciame.
Nel tocco pungente del bestiame, foulard morbidi nereggiano
e (alla nuca dolcemente serrati) umilian càpi, màdidi un poco.
Danzar fioco di diafane libellule
Mulinanti sempre su chiuse scintillanti d’effimero bagliore.

Renard – prudente – ci viene ogni calar timido di sole.

Da orlati fazzoletti di prato e di sudore
lontani le seguon sguardi – vogliosi – d’aspri villani
ma agili già hanno mani e voci di sangue vibranti
che, altalenanti, si muovono in casa.
Si dan di gomito donne appassionate
se, con braccia abbronzate,
da fossi sorridon ragazzi ansanti
e, ammiccanti, sollevan paratoie che – contro voglia – stridono, stillanti.

Di forza terribile dotati sono gli amori.

Nella rutilante estate dai fèrvidi sapori
coppie innamorate – a nudi cuori – gustando vanno
carnosi frutti di novelli (eppur vetusti) ardori.

L’amore, privo di baci, è pane senza sale.

Lungo il bedale vulgaris aquilegia (1)
(blu-violacea, bianca o rosa)
di donne appassionate polpacci sfregia,
spasimante romantico/gelosa.

Guanto elegante della Madonna (2) e la Luce si cavalca, radiosa.

(1) pianta dal fogliame delicato che ama terreni freschi e ombrosi. Alla fine della primavera, si ricopre di fiori dai colori tenui e dalla forma bizzarra, con cinque petali a cornetto che si prolungano in speroni uncinati. La loro estremità è ricurva come il becco o gli artigli dell’aquila, il più nobile fra i rapaci. Diffusa in Europa, in boschi, prati e zone rocciose fino a 2000 metri, vanta proprietà antisettiche, astringenti, calmanti, e detergenti.
(2) Denominazione popolare della menzionata aquilegia vulgaris
GALLI GIOVANNI



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LA BAITA

Lo scoppiettante e allegro
ardere del fuoco nel camino,
riscalda il pellegrino
che ramingo per i monti vaga,
accompagnato solamente
da un flebile scricchiolìo di neve
sotto le ciaspole
da tempo insofferenti e vogliose di montagna.
A ritornar lassù,
dove negli anni di abbandono
tutto è rimasto immutato,
il cuor sussulta e
la Baita alpina che ti accoglieva da ragazzo,
con la generosità di un tempo,
torna all’antica ospitalità.
Anche ora che ti ritrova uomo
accetta calorosa quel figlio ritrovato.

BERTAINA SERENA



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L’UOMO

Con fango spalmato,
e un soffio di Dio
l’uomo venne creato.
L’Eden, Iddio gli ha donato.
Ma a lui, incontentabile,
ci vuole una donna.
Dorme, e come d’incanto
si sveglia, trovandosi
con una donna accanto.
E’ per niente turbato!
Anzi presto scopre di
essersi innamorato.
Una dolce luna di miele!
protrattasi fino allo
spuntare delle stelle.
Ad un albero da frutto,
avvolto, un serpente! Ingenui,
loro ci hanno creduto.
Prima felici, ora timorosi.
Nascostisi per l’avvicinarsi
di passi, assai minacciosi!
Il Signore, viene per punire.
Dice alla donna: Tu
per prima dovrai soffrire.
Ad una porta stretta,
gli vengon le doglie,
a gemere è costretta.
L’uomo, si è pentito.
A Dio, chiede perdono
con cuore contrito.
L’umanità fa la storia.
Contro il maligno, Iddio
gli concede vittoria
ascoltando Gesù Profeta:
in Paradiso, si ritorna
solo per la porta stretta.
Stretta all’arrivo e al ritorno.
Anche se,
al buon Dio si chiede perdono.

GALLESIO PIETRO



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LASCIATECI SOGNARE

Questo mondo
robotizzato, sofisticato
sclerotizzato,
in nevrotica ricerca
di irraggiungibile felicità,
si è trasformato in regno di profeti
di millantato benessere.
I bimbi
non credono più alle favole,
stuprati nella loro innocenza
da adulti che hanno rinnegato
ogni di uomo valore.
Le rondini
non cinguettano
il loro canto di primavera
ma riportano echi
di guerre lontane.
Non si respira con l’aria
il soave profumo dei fiori
ma l’acre odore della violenza.
L’ingratitudine si è trasformata
in pane quotidiano
e la pietà in un vocabolo esiliato
dagli arroganti proclami di superbia.
E noi vecchi
ultimi utopisti
di un mondo rinnegato,
messi in disparte
come inutili scorie,
invochiamo
di poter fantasticare ancora
aurore di pace
e notti di quiete.

PEROSINO GIUSEPPE



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PRIMA DEL GIORNO

Aria fresca del mattino, prima del giorno,

cielo blu, sole ancora bambino che corona di colori il profilo delle colline,

mentre il buio riflesso avvolge il mondo.

A poco a poco il sole sorgerà e la sua luce come un'onda di piena passerà
le colline,

come acqua vorticosa scenderà sui fianchi fino al piano,

per risalire impetuosa dall'altra parte delle valli a inondare tutto con i suoi scintillanti colori,

fino a quando il sole avrà compiuto il suo corso e l'ombra nera della notte avvolgerà tutto fino a un nuovo mattino,

fino di nuovo a prima del giorno.

ANSALDI PATRIZIO




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STAGIONI

Qui giocavamo a biglie,
spesso fino a sera.
“E lo facevate
tra i tavolini del bar?”
No, quello ancora non c’era.

I pali delle porte del calcio,
squadrati e verniciati di bianco,
erano di legno quasi marcio
e infiorato s’un fianco da chiodi
a forma di elle in ferro arrugginito
grandi quasi come un mio dito.
La domenica per l’occasione
ci agganciavano le reti
e durante le partite importanti
si nascondeva il campo
con sacchi di tela marrone
per proteggerlo dagli sguardi
degli spettatori non paganti.

Ogni fatto ci pareva scontato
e non immaginavamo
che troppo presto
tutto sarebbe cambiato.

Una volta là in fondo,
atterravano i deltaplani
e mentre volteggiavano,
correndo in girotondo,
i bambini giocavano
battendo forte le mani
a chi riempiva di più
gli occhi con il cielo.

Viveva da solo, laggiù
dove adesso c’è sfacelo,
un allineatore di arnie
che rideva sempre contento
e vendeva barattoli di miele.
Pochi mesi fa l’ha spento
un incurabile male crudele.

Ma adesso andiamo via
sta per chiudere anche il mare
e non voglio soffocare
di banale nostalgia.

CARLOTTO CARLO



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ANDATA E RITORNO
(ovvero l’amore ai tempi del collegio)

oggi andiamo in passeggiata da Serra a Pamparato
scendere è bello,ma poi la salita……..
un momento e arriviamo
ma il ritorno dura una vita
- non brontolare-e mettiti in fila
i piccoli avanti, gli altri a seguire
forza! siam cento mica duemila
…. due passi e siamo già stanchi
e allora partiamo
ma io se posso mi attardo
così arrivo da “lei”
(prima mi ha fatto uno sguardo!)
se rallento la raggiungo
le passo accanto piano, mi allungo
ci sono, trattengo il respiro, la sfioro….
.. e siamo già al secondo giro.
torna al tuo posto-grida l’assistente-
-non e’ giusto, mancava un niente!-
ritorno in fila davanti,
le mani e i piedi pesanti,
“noi della colonia”intonano i canti
in marcia come soldati riprendiamo
intanto la salita e’ iniziata, rallentiamo
e mentre nessuno mi vede
scatto e…le prendo la mano
son sollevato, non tocco piu’ terra
com’è leggera la salita per Serra!

PRUCCA PAOLA



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SUONI DI CAMPAGNA

Seduta sto’ sul muricciolo
che tiene in discesa un
prato, ormai con l’erba
della stagione autunnale.
Una fontana rovescia
il suo scroscio nella
vasca, che risponde
con un ebbro suono
di appagamento.
Il vento sibila leggero
con un fresco piacevole.
Gracchia il corvo
forse domani pioverà.

BOSSA LUCIA




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Certamen 2009


Contestualmente alla premiazione del Concorso ufficiale si è svolta la lettura delle poesie partecipanti al Certamen, del quale si da pubblicazione completa con in calce l'indicazione delle poesie selezionate e premiate dal pubblico:


POESIA N. 1
IO SOGNO IL MIO SOGNO

Vorrei accarezzare il sole
come la persona a me più cara,
vorrei sognarlo la notte
più di ogni altro sogno.

Vorrei essere un suo raggio
per colorare di luce il mio buio,
vorrei poterlo guardare negli occhi
senza la paura di farmi del male.

Vorrei toccare la sua ombra
e scoprire anche il suo lato più scuro,
vorrei scaldare la mia anima tremante
con la sua luce accecante,
per sempre.

ANDA BOZO
PRIMO PREMIO Certamen 2009

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POESIA N. 2
CIELO D’APRILE

Quanti colori, quanti disegni
in questo meraviglioso
cielo d’aprile.

Nubi nere e bianche,
piccole e grandi, si rincorrono,
nascondendo per brevi attimi
il bel sole d’or.

Poi, un soffio di vento,
le fa tutte sparpagliar,
torna il sereno, il sol riappar,
scaldando ogni cosa e i nostri cuor,
coi suoi bei raggi d’or.

BERTOLINO MARIAROSA


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POESIA N. 3
HO RACCOLTO SASSI

Ho raccolto sassi, piatti e levigati,
rubandoli a composizioni del mare,
incastonati sulla rena bagnata.
Ne sento, al tocco, ancora
la percezione della sabbia,
all’odore, il profumo dell’oceano,
all’udito, il rumore dell’onda in attesa,
sospesa lontana, arrotolata e sbuffante
come un cavallo che scalpita.
Ho raccolto sassi sul sentiero del monte,
piccole creste di punte
per inventare paesaggi.
Ne sento, al tocco, la roccia sotto le dita,
all’odore, il profumo dei pascoli alti,
all’udito, il soffio del vento
e le sue scorribande tra i passi.
Ho raccolto sassi nella macchia di timo,
sculture bucate, lasciate dal mare
a offrire conchiglie odorose di pini.
Ne sento, al tocco, la sabbia dimenticata,
all’odore, l’aroma d’acqua salmastra,
all’udito, il sospiro dell’onda obliata nel tempo
tra piccole viole all’ombra dei lecci.
Nei giardini di pietra
cerco la mia anima
e seguo, nei tuoi occhi,
il volo disteso del falco.

MANTISI CRISTINA


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POESIA N. 4
PROFUGHI

Siamo stati assuefatti
dal telegiornale
a immagini di lunghe file
di profughi in marcia
tanto da sembrarci normale
che gente in fuga
lasci in fretta la casa
diretta verso un ignoto dove.

Ma se provo ad immaginarmi
nella stessa condizione
mi domando dove potrei andare
e mi assale l’angoscia a pensare
che non avrei un tetto e un letto
verso cui camminare.

E nemmeno voglio ipotizzare
che potrebbe accadere
quando fa freddo e cade la neve.
Troppo spesso la tentazione
è quella di non pensare
e ipnotizzarsi di televisione.

CARLOTTO CARLO


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POESIA N. 5
VERSO IL MONTE

Vista stupenda sull’alto monte,
LUI gigante muto e placido
TU piccolo gnomo ai piedi del monte
cerchi la strada
per raggiungere la vetta.
Il cielo limpido ti fa ben sperare,
ma le rocce, sono un ostacolo che ti fa rallentare.
Un cinguettìo grazioso e felice,
ti accompagna nella salita.
La tua meta è lontana,
ma
nel tuo cuore sai
che piano, piano si avvicina.
TU che da lontano, guardi,
vedi la tua vita,
salita verso una meta.
Ideali che ti spingono in alto,
sconforti che rallentano la camminata,
amici e voci sincere che ti danno la speranza.
TU che nel cuore sai cos’è la sofferenza,
nel tuo cuore sai che ce la farai.

BERTAINA SERENA


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POESIA N. 6
LA RECITA E’ FINITA

Ho smesso di correre invano,
tanto non arrivavo mai.
La meta che sognavo
impietosa s’allontanava ogni dì.
Qual pupazzo nevrotico,
manovrato da invisibili fili,
in un turbine d’illusioni
ho recitato, da guitto, il mio dramma.
E’ calato il sipario,
il pubblico deluso è sfollato.
Lontano dagli echi del mondo
seduto su un ripido scoglio,
schiaffeggiato da onde violenti,
vedrò i gabbiani tuffarsi, stridendo,
in un mare in burrasca.
Abbandonerò al vento
Il mio manto di superbia,
vestirò il saio del pellegrino.
Mi ciberò di miele selvatico,
berrò l’acqua da limpida fonte.
Ad un variopinto pappagallo
ruberò le ali dorate
e mi librerò felice
in un cielo azzurro di pace.

PEROSINO GIUSEPPE
TERZO PREMIO Certamen 2009


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POESIA N. 7
RIFLESSIONE

Scende la sera,
le ombre delicate avvolgono
ogni cosa;
lontano laggiù si oscura anche
l’ultimo angolo di luce adagiato sull’orizzonte.

Il silenzio si ricompone,
i rumori del giorno si attenuano,
si accendono le luci qua e là,
è tempo di riposo,
finalmente un momento di pausa.

I tanti pensieri,
come i soldatini di piombo,
in fila uno dopo l’altro
si tirano in disparte.

E’ tempo di riflettere
per offrire al domani ormai prossimo
un ventaglio di nuove idee
tra speranze ed affanni!

CAMAGLIO PIERA


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POESIA N. 8
ESSERE

Intanto che mi siedo qui a scrivere,
se ne va un altro pezzo di me,
se ne vola via col vento, insieme
a mille altri usurati inutili pensieri.
Non capisco nemmeno cosa mi spinga
a stendere le quattro solite tristi parole
sulla carta, consapevole che a ben poco
potranno servire, se non a darmi l’illusione
di essere io stesso un poco migliore.

Mentre là fuori tutto scorre
rapido e inafferrabile.

Farei meglio a impiegare anche questo
strascico di tempo che mi rimane
per cercare di scorrere col mondo,
di mantenere il suo passo.
Ma io non ne trovo il senso.
e così qui rimango fermo, a guardare
gli uomini che corrono.

E qui ho paura di essere uomo.
Paura di essere fatto della stessa terra
di chi tradisce senza paura,
di chi mente senza pudore,
di chi strumentalizza il bene comune
per il proprio interesse,
di chi è vile,
di chi opprime senza pietà,
di chi commette ogni ingiustizia
senza scrupoli,
di chi per pura e bramosa cupidigia
venderebbe anche se stesso.

Ma chi più mi spaventa è chi vede tutto
questo, e non batte ciglio…

In un mondo dove sta diventando
sempre più difficile anche il solo pensare.
Perché pensare potrebbe minare alle nostre
stupide certezze che con malata innocenza
abbiamo costruito come castelli sulla spiaggia.

Su questa sera calerà la notte, e con lei
verrà il sonno a portarmi via.
Ma un luogo, noi, che ancora pensiamo,
che ancora crediamo, che ancora respiriamo
parole, malgrado senza più sperare,
dobbiamo trovare.
Un luogo solo nostro,
che nessuno possa calpestare.

Sarà la nostra ultima illusione; che ci sia concessa.

Tra gli angeli e i demoni noi un posto
troveremo.
Non sotto le stelle, non sopra.

E lì saremo. Uomini.

AVAGNINA GIANLUCA



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POESIA N. 9
PRIMAVERA

Mentre il sole ritorna
alla Riviera,
la neve si rilassa
ai bordi della Limona,
lassù,
sotto il Castelluccio.
Piccole impronte
disegnano
geografie di rincorse
per ascoltare
i suoni
e gli odori
di una nuova primavera.
L’acqua del fiume
si gonfia
di nuova energia
e trascina a valle
i gelidi ricordi
di nebbie e silenzi.
Sui rami
ancora spogliati
timidi canti
annunciano
stagioni di amori.
Benefici tepori
riscaldano
vecchie ossa indolenzite.
All’improvviso
si è spento il buio del giorno
e, deciso, si accende
di nuova luce
il sole della speranza.

ODASSO PAOLO


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POESIA N. 10
L’INCANTO

Come
un canto
di bimbo
che ti rallegra,
una mano
di mamma
che ti accarezza,
il volo
di una farfalla
che ti incanta,
la brezza
del vento
che ti inebria,
come un bacio
che ti riscalda,
come il desiderio
di un
sogno
che si avvera.

RULFI FRANCA
SECONDO PREMIO Certamen 2009


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POESIA N. 11
BAGLIORI DI LUCI

Luci ovattate dalla nebbia
che l’asfalto vedon brillare
e che ora fanno scivolare
l’era dei sogni più nascosti

Voli raccolti dalla fantasia
col tenue segno di matita
e che sfuggono dalle dita
nell’esile librarsi di farfalla

Castelli leggeri ora cadono
sotto quei colpi del destino
i sassi sparsi sul cammino
come ad impedir la strada

Un mondo ch’ora si rivela
vile guardiano della libertà
che spazza la tua serenità
e ombre porta nel tuo cielo

I passi lasciati sulla strada
son fermi sopra quelle ruote:
ora il tuo pensiero si scuote
per andare verso la tua vita.

Sopra alla sedia ti sostiene
solo la forza del tuo domani
che è stretto nelle tue mani
tese a scoprir bagliori di luci.

ROSSI ATTILIO


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POESIA N 12
IL CASTLUS
(ex fortezza e torre di avvistamento)

Rudere dalle sembianze di bronzo
che vieni da un mondo lontano
ci liberasti da fido guerriero
e ancora oggi ci parli di arcano.

Hai quasi un millennio di vita
trascorsa sul “roccione” più aguzzo
dove ci salvasti dai mussulmani invasori
alla presa del Mongiardino di allora.

La metropolitana ingegnosa
vietava al sole e al nemico l’accesso
e l’evento del pane e del cane
procurava al cacciato lo smacco
che fuggì con le pive nel sacco
bestemmiando il destino infame.

Habent panem paratum fu detto
e Mongiardino che ha resistito
da quel dì cambia nome e vestito.

Quel can e quel pan esauditi
sullo stemma son presto effigiati
e di lì, per la vittoria ottenuta,
nasce il nome di Pamparato.

PRATO GIUSEPPE


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POESIA N. 13
A PAMPARATO

Ero bambina, ero felice, mi sentivo protetta, la guerra
era lontana.
Tutti erano buoni, tutti si aiutavano.
Il fieno, le
castagne e la segala erano occasioni per condividere la fatica e
le
soddisfazioni per i raccolti, famiglie con famiglie.
Oggi rivedo tutto
questo, con grande nostalgia, negli occhi di Marina quando mi parla
e
mi racconta, con grande lucidità, 98 anni di vita.
Grazie Pamparato che,
nella mia infanzia, mi hai insegnato in modo semplice ed
umano quale
dovrebbe essere la base della vita.

LAGUZZI PIA


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POESIA N. 14
E POI……..

Berrei, ad altro calice
perché tutta in salita
la coppa della vita.

Berrei, ad altra fonte
sotto mentite spoglie,
col cavo della mano,
il pane quotidiano.

Berrei, infine alla sorgente
a piene mani: con occhi velati,
vuoti, labbra assetate, arse,
e membra spossate, lente.

Berrei,
l’ultimo attimo fuggente.

MEGLIOLI REGIS MIETTA



martedì 24 marzo 2009

Piossasco 2009


Antiche come le montagne


Sezione Poesia insieme,
poesie premiate:


21 9 2008
NON INTRAPRESO, IL VIAGGIO

Non intrapreso, il viaggio sta racchiuso
entro il nodo scolpito delle braccia
(non minacciate questo mio sogno
-crescerà per sapori e respiri
-per scoperte in punta di dita
-per sguardi che diventano superbi
quando colgono nuovissimi orizzonti
-per parole in viluppo di suoni).

Non intrapreso, il viaggio fa paura:
è un baratro
un dardo
un dolore
è l'agguato della favola più buia
-che ti spegne e tenta a restare.

Non intrapreso, il viaggio pone in bilico
il peso avaro degli addii:
ci sarà qualcuno a salutarti
-a illuminarsi dicendo che ti aspetta
ad abbracciarti- forse a rattenerti?
Ma se a nessuno importa che tu vada
mete e propositi tienili per te.

Ogni viaggio -il dove non importa-
fa di te un nuovo Ulisse attento
al corteo di vele tese in alto
(nel tempo ricorderai il momento
un po' salso della partenza,
poi l'approdo che ti rese innamorato
-e ogni viaggio rinnoverà il destino.)

Fryda Rota, Borgovercelli VC
Primo premio assoluto “Poesia insieme”




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acrobati di giorni

m'innamoro ogni giorno
del correre del tempo
e del suo faticare insoddisfatto
amore venato di pomeriggi lenti
irrorato da attimi violenti

la primavera
accompagna le rane al lago
è estate e nei miei sogni bambini orientali
giocano con fiori appena colti
un caldo autunno
battezza i colori dove poggio lo sguardo
è inverno e già assorda il silenzio

scarcero i minuti esitanti
ributtando la fretta mangiapane
bottoni dorati di istanti su camicie inamidate dagli eventi
annuso le ore pazienti
inespugnabili castelli di cristallo
cardando le attese e gli indugi

straripano nel mio giorno
i ritmi crudeli
mentre reclamano attenzione le pause
smagliate ed avvizzite

e lui, il tempo
sempre padrone
mi corteggia allontanandomi dai momenti disperati
tenendo il respiro durante i baci
perché tutto sia suo regalo
a noi devoti acrobati di giorni

Massimo Pedrini, Gorle BG
2° Classificato "Poesia insieme"




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"IL PRINCIPE DELLE ROTAIE"

Oggi ho incontrato il Principe delle Rotaie,
l'Imperatore dei Treni, il Mentore dei vagabondi.
Suonava l'armonica seduto su un sacco di farina.
Godeva della pioggia e del sole,
e della libertà più completa.
Sono il ben venuto nel suo regno,
fatto di uomini e donne con le unghie sporche di carbone
e di abiti consunti dallo sfregare sui
pianali di troppi vagoni
Viaggiammo verso meridione,
seguendo i binari e le stelle,
respirando l'odore del mare,
accarezzati dall'aria dolce della notte.
Viaggiammo raccontandoci storie,
e intonando vecchie canzoni.
Recepii la saggezza nascosta nel viaggio,
carpii il segreto e ne feci tesoro.
Morirò, piuttosto che arrendermi allo squallore
dei normali grigi giorni a venire.
Viaggerò fino a che il mio corpo cadrà a pezzi
non mi fermerò mai.
Vi saluterò con la mano,
ed un radioso sorriso,
mi guarderete passare e so per certo che...
invidierete la mia libertà sporca
la mia miserabile saggezza,
la mia incredibile leggerezza.
Ma non abbiatevene a male, perché
porterò con me, una parte di ognuno di voi.

 Fabrizio Picco, Giaveno TO
3° Classificato "Poesia insieme"





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COUCHER DU SOLEIL

Le vol géométriquement se lève
segments noirs
sur le ciel brossé par des fils de nuages

je me sens contre le soleil joyeux détail.

trad:
TRAMONTO

Lo stormo geometricamente si alza
segmenti neri
sui cielo spazzolato da fili di nuvole

mi sento contro il sole dettaglio gioioso.

Maria Mara Marchesi, Gaggiano MI
4° Classificata "Poesia insieme"




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UNA PICCOLA STELLA
In memoria di Alessandro Cruto

Aveva sogni
la tenebra profonda della notte
e paure ancestrali
perciò salutava con gioia l'aurora
nel punto di unione
al fulgore del giorno.

Aveva nomi
II magico rito
di esorcizzare il buio
faro, lume, lucerna
cieca, a candela, a petrolio.

Poi, meraviglia, stupore!
Altro il filo di luce
un ricamo nel vuoto di un bulbo
fragile di vetro
una piccola stella
dal tenue ma vivo brillare
nel cielosoffitto
già lucedoro
di umano intelletto
in quell'anno benedetto
del milleottocentottanta.

Annamaria Bracale Ceruti, Torino
5° Classificata "Poesia insieme"




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Il respiro ti dirà il Nome

II respiro che precede la parola ti dirà il Nome,
quello segreto che pronuncio
per diventare pane sulla tua lingua
matita nelle tue mani
piega sulla tua pelle,
fiamma che il tempo non estingue
nell'alambicco che dal tuo ventre
distilla la forza che mi nutre.

Elena Gastaldi, Bruino TO
Premio speciale della giuria




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I Gatti, la Luna...e , giocoforza , la Lupa

Ho amici fra i gatti di strada
che han nei fianchi la flemma
della luna tardiva sull'alba
e van dietro alla luna
che si inerpica e sbianca
lungo l'aria arruffata
di sogni incompiuti,
ed inciampa , al ricordo ,
col rumore
dei passi dei gatti.

Ho amici fra i lupi di steppa
che han nei fianchi la fretta
della lupa Galoppa Galeppa
e van dietro alla lupa
che borbotta e barbetta
lungo ardite montagne
di lupi su in vetta,
poi finisce la steppa
e incomincia il dirupo,
e si morde, la lupa,
la coda di lupo .

Sergio Carena, Pinerolo TO
Premio speciale della giuria



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Sezione Progetto Primavera,
poesie premiate:



Mareggiata
Tra i segni della recente mareggiata
sprofondo ansie e paure;
respiro la chiara solitudine del vento,
calpestando friabili sabbie sbiadite.
Le acque arroganti, ora placate,
accolgono il sole che si sveglia stropicciato,
su una mattinata vestita di grigi preziosi.
Piccole onde leccano affettuose
la battigia bagnata
e disegnano schiere d'impronte minuscole,
bassorilievi di dolcezza ripiegata.
Laggiù, nell'acqua smeralda,
guizzano veloci aneliti d'infinito
rincorsi da solitarie sirene d'infanzia.
Poi il loro richiamo tace
e torna a tuonare
la voce profonda del Mare,
con le sue richieste di silenzio.
Nella luce nascente
le impronte dei miei pensieri
toccano le soffici dune della sabbia,
schiacciandole dolcemente:
il mio respiro si fa malinconia.

Daniele Armando, Caraglio (CN)
1° Classificato "Progetto Primavera"




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Vento d'inverno

Su un cielo di pietra e arida terra
fili di spine, torri di guardia :
Cristo soffriva, dimora di morte.

Entrava un popolo d'ombre,
già l'uomo era morto
non tornava di là,
memoria di morte.

Negli occhi l'abisso del mare
Ma dietro quel velo di splendido azzurro
La nebbia si celava, insieme al bambino,
sua unica compagna, prigioniera d'Auschwitz.

Giampaolo Guizzardi, Bologna (BO)
2° Classificato "Progetto Primavera"




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E’...

E’ un dono.
Un sacrificio.
Una scelta da prendere o lasciare.
Un sogno per chi è felice
e un peccato per chi è triste di averla.

E’ la realtà.
Una sofferenza che deve essere amata.
E’ una passione che può volare al vento
e qualcosa di veloce o di lungo che non si conosce
Puoi sperarla.
Averla,
ma la cosa più dura
è che devi affrontarla per quella che è... la vita!

Iris Albertini, Trevozzo di Nibbiano (PC)
3° Classificata "Progetto Primavera"



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Difficile

Difficili insicuri passi
il sole mi spinge
splende

E presto nella mia vita
scelgo di continuare
............comunque

Scivolo mi scoraggio
ho scelto la strada difficile
si cade nella mia vita,
si soffre

A sera vedo impronte dietro me
sono le mie
progetto un pezzo di domani

Ho perso l'incanto
ho malinconia
sto crescendo

Lo so lo hanno fatto tutti
a me
non era ancora successo...

Alberto Roccisano, Giaveno (TO)
Segnalazione della giuria "Progetto Primavera"




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Sezione narrativa,
opere premiate



FRANKY

"Vi voglio raccontare un episodio molto importante della mia adolescenza" disse in perfetto inglese l'anziano uomo nero al termine della cena.
"Avevo undici o dodici anni, non ricordo con precisione, quando un pomeriggio di fine settembre ad Ampitaca, poche capanne vicine al villaggio dove vivevo, arrivarono due persone bianche, due "vasà" , un uomo e una donna.
Portavano una borsa contenente alcuni vestiti. Si misero a gonfiare una piccola piscina di plastica, tirarono fuori un sapone profumato al limone (all'epoca forse era il primo che vedevo) e un asciugamano. Poi, con un secchio di legno, riempirono la vasca con l'acqua del pozzo e cominciarono a lavare i bambini del villaggio.
Pauly aveva poco più di tre anni e stava nelle capanne di Ampitaca da due, da quando cioè era stato trovato da padre Paul nella boscaglia. I genitori l'avevano abbandonato forse perché zoppicava leggermente dalla gamba destra e pensavano che non sarebbe mai stato in grado di essere utile alla famiglia. Masura di anni ne aveva due. Anche lui proveniva da qualche villaggio della boscaglia. Era stato padre Jacques, l'altro missionario polacco a salvarlo da morte sicura poco dopo la nascita.
Pauly strepitava mentre la ragazza lo teneva fermo cercando di togliergli i brandelli di pantaloni e maglietta che indossava. Quando lo mise nell'acqua e il ragazzo gli passò la spugna insaponata sulla pelle, urlò a squarciagola cercando di saltare fuori dalla piccola vasca. Continuò a piangere fino a quando, dopo averlo sciacquato, il giovane lo avvolse nell'asciugamano e lo rivestì con gli abiti nuovi che avevano portato.
Anche Masura non gradiva essere lavato e si era tutto irrigidito chiudendo gli occhi. Il ragazzo si stupì quando, mentre lo insaponava, avvertì con i polpastrelli dei grossi punti ruvidi e neri sotto la pelle e non sapeva spiegarsi di cosa si trattasse. Probabilmente non aveva mai visto prima delle pulci e per giunta così invasive.
Dopo i due piccoli mi proposi io per il bagno. In un attimo ero nudo e ridevoemozionato per quello che mi stava per succedere. Sì che c'erano anche due mie compagne di scuola e avrei dovuto essere in soggezione ma sembrava di essere a una festa e non mi feci problemi. Poi aiutai i due giovani a fare il bagno agli altri bambini che continuavano ad arrivare, convincendoli che si
trattava di una cosa piacevole.
Quando fummo tutti puliti e vestiti di nuovo, improvvisammo un gioco con una palla fatta con una borsa di plastica. Non parlavamo la stessa lingua. Io appena conoscevo le parole in francese necessarie per presentarmi. Ma in quei pochi minuti ci capimmo e divertimmo tantissimo.
La sera andai a messa nella piccola chiesa del villaggio. I due bianchi distribuirono caramelle, una a ognuno dei bambini componenti il nugolo che s'era assembrato nel buio intorno all'abitazione dei padri missionari. Tornai a casa con un paio di pantaloni nuovissimi, mai indossati da nessun altro
prima (c'era perfino l'etichetta attaccata!) e una maglietta dalle maniche lunghe, rossa. Mio padre, quasi indispettito, mi chiese dove avessi preso quella roba. Consegnai a mia madre i vestiti che avevo: mi sarebbe piaciuto se li avesse lavati e rammendati.
Fu nei giorni seguenti che scattò qualcosa dentro di me. Non seppi dire di cosa si trattasse ancora per alcuni anni ma sentivo che avevo contratto un debito che dovevo saldare. Cominciai a studiare con più determinazione e a leggere tutto ciò che mi capitava sotto gli occhi tanto da sbalordire la maestra, i miei compagni e i miei stessi genitori. I miei risultati erano così sorprendenti che la maestra riuscì a trovarmi un posto alla scuola di Mananjary, una città a dodici ore di piroga dal mio villaggio. Negli anni successivi andai alle scuole superiori di Antsirabe e poi ad Antananarivo, all'università.
Non seppi mai chi fossero quelle due persone bianche né da dove venivano. Ricordo chiaramente soltanto i loro sorrisi e le strette di mano. E ho ancora oggi davanti agli occhi l'immagine dell'uomo quando mi sollevò dall'acqua e, portandomi in braccio, mi depositò sull'orlo del pozzo, l'unico spazio asciutto lì intorno, per asciugarmi.
Ringrazio Dio per avermi permesso di vivere quel giorno che mi ha fatto capire quanto poco occorra per fare felice una persona. Con questo spirito ho cercato di vivere negli succesivi, fino a oggi".
Tutti i commensali erano rimasti in silenzio.
Qualcuno aveva gli occhi lucidi, qualcun altro un grosso nodo in gola.
Anche l'uomo che aveva parlato era molto emozionato.
Prima che scoppiasse l'applauso assordante al neo premio Nobel per la pace, trascorsero ancora alcuni lunghissimi secondi.
Franky Manavalona, da Ambohitsara, Madagascar, visibilmente commosso salutò e ringraziò tutti.

Carlo Carlotto, Nucetto (CN)
1° Classificato assoluto




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IMPREVISTO

Ce l'aveva fatta.
Non le sembrava ancora vero, eppure ce l'aveva fatta: dopo una lunga corsa era riuscita a prendere quel tram, l'ultimo della serata.
Mentre infilava il biglietto nella macchina obliteratrice aveva sentito il sudore scenderle lungo la schiena . Era così accaldata che quando si era seduta in uno dei pochi posti liberi il contatto della pelle con lo schienale , attraverso il sottile tessuto della camicetta , le aveva provocato un brivido. Si sistemò sulle gambe la valigetta portadocumenti e la borsetta e riuscì a rilassarsi un po' guardando fuori dal finestrino.
Voleva conoscere meglio questa Torino che, per lei, romana, fino a quel momento aveva significato soltanto Juventus e Fiat.
Si era trasferita da poco in un appartamento in periferia, con del verde intorno. All'inizio aveva tentato di raggiungere la Procura , dove era stata destinata, in auto. Ma l'impresa si era rivelata ben presto impegnativa. Aveva, allora, deciso di tentare con i trasporti pubblici e quello era il primo giorno di prova.
Fuori dal finestrino le immagini e le fermate scorrevano veloci, come i pensieri. La pensilina di Corso Traiano, in corrispondenza di uno dei cancelli di uscita di una grossa fabbrica, era gremita di persone.
La sua attenzione fu attirata da alcuni uomini che stavano gesticolando animosamente. Fu allora che, con la coda dell'occhio, lo vide. O perlomeno le parve di vederlo. Stava svoltando l'angolo di una via , tenendo al guinzaglio un giovane pastore tedesco. Alto, dinoccolato, con qualche capello grigio in più, si stava allontanando senza fretta . Ma il tram , intanto, era ripartito e la sua immagine era scomparsa definitivamente.
Se dieci anni prima non l'avesse visto con i propri occhi steso in quella lunga bara di mogano, avrebbe senz'altro potuto giurare che l'uomo con il cane era Giorgio e non una apparizione frutto della sua fantasia.
Mentre il tram si dirigeva al capolinea, dove sarebbe scesa, e si svuotava mano a mano dei suoi passeggeri, si rese conto che non avrebbe potuto vivere il resto della vita con quel dubbio in sospeso.
E prese la decisione.
Il giorno successivo era domenica. In auto, questa volta, si era diretta verso Corso Traiano ed aveva parcheggiato vicino alla fermata nei pressi della quale la sera precedente le era sembrato di aver visto Giorgio. Non aveva ancora le idee ben chiare su cosa avrebbe potuto fare, ma era certa di voler almeno tentare.
Era quasi mezzogiorno, l'estate stava mordendo la città e le strade erano pressoché deserte.
D'un tratto si sentì prendere dallo sconforto pensando che cercare Giorgio avrebbe potuto essere come cercare un ago in un pagliaio. Forse era stato lì solo di passaggio, forse non ci sarebbe tornato mai più e forse, soprattutto, quello che aveva visto non era Giorgio . Ma , dato che ormai era lì, tanto valeva fare almeno quattro passi in cerca di un bar per qualcosa di fresco.
Prese a camminare nella calura soffocante, cercando di restare nell'ombra disegnata dai contorni dei palazzi. Lanciava, passando, rapidi sguardi nei cortili deserti in cerca di qualcosa di insolito; vicino ad un garage aperto notò uno scooter con un casco sul sellino: il proprietario doveva trovarsi all'interno, da dove proveniva un tramestìo. Attese qualche istante per vedere in volto la persona che , uscita dal garage, ne stava chiudendo la saracinesca.
Era Giorgio. E questa volta ne era ben sicura.
Entrò con passi frettolosi nel cortile, per paura che le sfuggisse di nuovo. Lo toccò sulla spalla e, quando si voltò, "Giorgio", gli disse semplicemente.
La guardò per un attimo e poi le voltò bruscamente le spalle; si infilò rapidamente il casco, ne estrasse un altro da sotto il sellino e, senza dire una sola parola, glielo porse. Lei se lo infilò in testa e si sedette dietro di lui sullo scooter. Percorsero stradine secondarie fino ad arrivare al vecchio Stadio Comunale; una fiumana di persone era in attesa di entrare per quel concerto rock di cui si ricordò di aver visto i cartelloni pubblicitari in tutta la città. Finalmente, sempre senza scambiarsi una parola, riuscirono a penetrare nell'interno e a farsi strada tra le centinaia di persone che, in piedi, aspettavano l'uscita sul palco della band.
Fu solo quando la musica esplose in tutta la sua potenza fuori dagli altoparlanti, e tutti intorno iniziarono ad urlare, che Giorgio le passò furtivamente una matita ed un notes . Avrebbe voluto rivolgergli mille domande, ma, anche se non sapeva ancora perché, aveva capito che il tempo disponibile era poco e che non avrebbero potuto parlarsi.
"Cosa è successo? ", gli scrisse in fretta in stampatello.
Giorgio lesse le poche parole, pensò qualche istante e poi le rispose sullo stesso foglio: " Hanno dovuto farmi sparire. A Roma ero in pericolo. Sai che il mio era un lavoro tranquillo. Ma una multinazionale era implicata in un commercio d'organi di bambini proveniente dall'Oriente. L'ho scoperto per puro caso ed ora non sono più Giorgio. "
E poi, a grandi lettere, lesse ancora " Per entrambi : dimenticati di me !".
Le si riempirono gli occhi di lacrime, ma capì che non aveva altra scelta. Appallottolò nella mano il foglietto, si girò verso di lui, lo abbracciò stretto stretto e gli sussurrò all'orecchio " Però so che sei vivo !".
Poi si allontanò a fatica tra la folla urlante, mentre Giorgio restava immobile al suo posto, senza voltarsi indietro.
Quando uscì dallo stadio respirò profondamente e poi si diresse, a cuor leggero, alla fermata del tram.

Patrizia Chiabotto, Piossasco (TO)
2° Classificata





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L'ACQUA E LA FIABA

Se ne stava pensosa in riva al mare, lo sguardo perso in quella enorme distesa d'acqua, rapita dalle note dello sciacquìo delle onde che si infrangevano contro gli scogli poco distanti.
"Come vorrei essere una piccola onda e correre libera nei mari del mondo", diceva tra sé Tilly mentre i sassolini che gettava formavano perfetti cerchi concentrici. Ed ecco, all'improvviso, emergere da uno di questi una sirena. "Ciao bella bambina, non aver paura, io sono Serenella e... so che ti chiami Tilly! Mentre giocavo a rimpiattino con i miei amici delfini mi sono spinta troppo a riva e così ho potuto sentire il desiderio che hai espresso. Ma davvero vorresti essere un'onda? ". La bimba paffuta, dalle rosse trecce e dagli occhi color dell'oceano, per nulla intimorita, corse di slancio verso Serenella esclamando "Oh sì....sììì!!!". La sirena allora le si accostò: con la coda le fece cenno di salirle a cavalluccio, la invitò a tenersi forte e iniziò a guizzare nell'acqua su, giù, su, giù e ancora su accompagnata dalle risa estasiate della piccola cui pareva di essere su di una giostra.
Zampilli di acqua cristallina si divertivano a solleticarla mentre le stelle marine erano graziosi fermagli per i suoi riccioli e gli ippocampi gareggiavano a carpire la sua attenzione con goffe piroette. "E' meraviglioso", esclamò Tilly - che era tutt'uno con l'acqua salata che le scivolava addosso carezzandola, timorosa di sciupare la sua pelle di bambola - "come vorrei proprio essere una piccola onda!!!" La sirena allora nuotò ancora più veloce sino a che, esausta, la adagiò su una conchiglia e le disse: "Ascolta Tilly, se vuoi veramente essere un'onda devi prima conoscere le tue origini; vuoi che ti accompagni in questo viaggio?". E la piccola rise ancor più forte urlando "Sì...sì!!!". Serenella, spronata da quella risposta, si diresse verso la foce perché "è da qui che l'acqua giunge al mare". Poi risalì la corrente del fiume salutando le paperelle e le ranocchie che curiose guardavano la strana coppia. E salì su in alto, sino ad arrivare ad uno stretto ruscello ai piedi di un monte. "Cara Tilly", disse Serenella, "il tuo viaggio non è finito, ma io non posso più accompagnarti. Ti lascerò a quella Cicogna che potrà portarti in cima alla montagna".
La bimba, senza proferir parola, accarezzò dolcemente la sirena e si protese verso una magnifica Cicogna che la prese sulle sue ali e la portò ad una sorgente. Un piccolo rivolo scorreva, uscendo come d'incanto, da poche pietre attorniate da un odoroso muschio, e la bambina guardò con aria interrogativa la nuova amica non riuscendo a capire da dove l'acqua avesse origine.
La risposta non si fece attendere, anche se subito non parve capirne appieno il significato: "Ciò che ti pareva sconfinato ed enorme è ora delimitato da pochi sassi e puoi coglierlo nel palmo della mano. Ricorda - le grandi cose nascono dalle piccole cose" e nel dire ciò la avvicinò ad un Angelo che attendeva seduto su un masso. "Ora anche io devo lasciarti.... il momento della tua conoscenza è vicino "... e con un battito d'ali la Cicogna si allontanò mentre l'Angelo la cinse con delicatezza e si diresse verso il cielo.
Il sole era così vicino ma non bruciava, la luna si poteva sfiorare con la punta delle dita, e le stelle sembravano piccoli fuochi d'artificio.
Arrivarono quindi sulle nuvole e lì anche l'Angelo la salutò dicendole "Vedi Tilly, è da qui che nasce la vita ed è qui che la vita ritorna". E come per magia la bella bimba si trasformò in una gocciolina d'acqua che piovve dal cielo. Si adagiò su una foglia, percorse il tronco di un albero, si nascose nella terra sino a riemergere in una sorgente e via rotolò tra le pietre scendendo a valle, si tuffò nel fiume, raggiunse il mare e finalmente diventò onda!
Tilly era acqua che palpita, guizzo di vita, energia intrattenibile. Era parte dell'universo di cui finalmente capiva il senso, senza vincoli di tempo e di luoghi: onda del mare caraibico e contemporaneamente onda del mediterraneo sulle cui rive aveva iniziato il suo viaggio.

 Patrizia Massano, Arma di Taggia (Imperia)
Premio speciale della Giuria





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LA VALIGIA
Mi è sempre faticoso disfarla.
Ogni cosa che ripongo dopo un nostro viaggio sembra scalfire una parte di me; così la valigia resta per giorni sulla panca, colma dei preziosi indizi di un amore.
Guarire da un altro distacco è delicata suggestione delle ore ripartite in frammenti che, frettolosamente,ripongo tra le cose che la valigia inghiotte. Così compongo il saluto senza un appiglio per affrancare un nuovo incontro. Si dipana un gomitolo di ricordi, colori cangianti... e il refolo di un respiro condiviso.
La tua voce risuona ogni giorno al telefono, ora cristallina, enfatica, ora mesta o concitata per quanto la vita ci riserva. Mi piace indovinare dal primo "ciao" la gradazione del tuo umore. I silenzi sono "luce parlata", trasparenza dei nostri corpi che si accendono al baluginìo dei sensi. Si riapre così la valigia dei nostri giorni insieme colma di minuscole perle che scivolano, si riuniscono in fiotti di riflessi. Da una tasca emerge una cartolina che snida i ricordi dell'ultimo viaggio.
Era di ottobre e le previsioni per quel fine settimana offrivano un repertorio di piogge. Quel mattino la bruma pareva volerci negare l'incanto del paesaggio sulla strada per Ponticello. Al lago di Braies la prima neve costellava i pini e ondulate movenze erbose lamentavano la prima rudezza del gelo.
Al maso trovammo rifugio. La vacanza sembrava destinata alle confidenze intorno alla "stube". All'improvviso un barlume di sole sciorinò l'allegria, e noi sul terrazzo a contemplare il disgelo.
"Ecco - mi ha detto - ora le nubi scoprono la cima del mio GRANDE GUERRIERO. Non è ancora nitida la sua forma, devi scoprirla da sola. Ti racconto la storia che questa montagna mi ha ispirato.
Si amavano molto. Lui bello e forte, lei esile principessa. Si vedevano di nascosto perché la famiglia reale aveva altri progetti. I due giovani si incontravano lungo il fiume, su una golena che l'acqua abbracciava con un delicato sciabordìo. Nei loro giochi d'amore erano corpi fluttuanti in una miriade di gocce, molecole aperte a raccogliere ebbrezza. Le loro parole si confondevano con il bisbiglio dei licheni.
Furono scoperti. Lei mandata lontano, in un castello misterioso. Il giovane guerriero la cercò sui monti e per le valli, superando ogni insidia. Ogni giorno accatastava i legni trovati lungo il cammino e, con il suo logoro mantello, mandava messaggi di fumo per darle conferma del suo amore. Ogni giorno confidava nella guida dei falchi e delle aquile che gli offrivano in dono una piuma.
Trascorsero molti anni, finché una notte vide trasparire, nell'ardesia del cielo, una fulgida stella. Comprese di aver trovato la sua Principessa e si coricò, per dare riposo al suo cuore innamorato. Per vederlo devi piegare il capo."
L'ho visto, il tuo GRANDE GUERRIERO in tutta la sua regalità. Il mento sporgente, le labbra perfette, II naso prominente, le palpebre chiuse, il diadema di piume.
Intanto si stemperava la neve e i pini gocciolavano riflessi sui nostri capelli spettinati. Felici guardavamo la corolla di vette, consapevoli che le Dolomiti ci avevano regalato l'ebbrezza delle stagioni nel volgersi di poche ore.
La sera la luna illuminava il Picco di Vallandro e fu l'incanto di un attimo a farci credere che il GRANDE GUERRIERO aveva aperto gli occhi per rimirare la sua fulgida stella.
È difficile amare la tua lontananza.
Il pensiero abbraccia la fantasia e si scompone tra le ore da ricordare e quelle da cullare dentro.
Trabocca di attesa. La valigia.

Paola Insola, Torino
Premio speciale della Giuria



domenica 15 marzo 2009

Premiazione Piossasco 2009


COMUNICATO STAMPA
Con preghiera di diffusione


La XVII edizione del concorso internazionale di poesie e sensazioni
"ANTICHE COME LE MONTAGNE"

ha avuto il suo epilogo nel pomeriggio di sabato 14 marzo 2009 con la cerimonia di premiazione e la proclamazione dei vincitori. Nella antica ed accogliente cornice della Confraternita di Santa Elisabetta in S. Vito - Piossasco, si è raccolto un pubblico numeroso, attento e partecipe, per seguire la lettura delle poesie e dei racconti, la visione delle fotografie, ed applaudire tutti gli autori presenti, in modo sincero e spontaneo.
Qualche scatto fotografico dal reportage della manifestazione è presente QUI

Questa la composizione delle tre giurie ufficiali del premio
1) Per "POESIA INSIEME" Presidente: BARBERI SQUAROTTI GiorgioAltri componenti: DE LUCA Liana - GIRAUDO Liliana - MARCHISIO Ezio - MASETTA Lorenzo - RUFFINATTO Aldo - VALERA GRUBER Gabriella
2) Per "PROGETTO PRIMAVERA” e “PRIMAVERA 15" Presidente: MARTINATTO GianfrancoAltri componenti: MORELLO Giacomo - TONDA Mario - CARO Mattia - CASTI Marco
3) Per " IMMAGINI E RICORDI" Presidente: SONINO PieroAltri componenti: CARBONARO Carmine - CRUSCA Dario - FORIGO Davide - GIORDANO Ferruccio

Il primo premio assoluto della sezione "POESIA INSIEME" è stato assegnato a:
ROTA FRYDA di Borgovercelli con la poesia "NON INTRAPRESO, IL VIAGGIO". 
Secondo classificato risulta PEDRINI MASSIMO di Gorle (BG) con la poesia "ACROBATI DI GIORNI". Al terzo posto troviamo PICCO FABRIZIO di Giaveno con " IL PRINCIPE DELLE ROTAIE". Il quarto premio è andato a MARCHESI MARIA MARA di Gaggiano (MI) con " COUCHER DU SOLEIL". Risulta quinta classificata BRACALE CERUTI ANNAMARIA di Torino con " UNA PICCOLA STELLA". Sono stati inoltre assegnati due premi speciali della Giuria a : CARENA SERGIO di Pinerolo con la poesia" I GATTI, LA LUNA E............. GIOCO FORZA LA LUPA" e GASTALDI ELENA di Bruino con la poesia " IL RESPIRO TI DIRÀ IL NOME"

Nella sezione "NARRATIVA" risultano premiati:
Al primo posto CARLOTTO CARLO di Nucetto (CN) con il racconto "FRANKY". Al secondo posto CHIABOTTO PATRIZIA di Piossasco con il racconto "IMPREVISTO".
Premi speciali della Giuria a :
MASSANO PATRIZIA di Anna Di Taggia (IM) con il racconto " L'ACQUA E LA FIABA"
INSOLA PAOLA di Torino con il racconto " LA VALIGIA".

Ecco ora i premiati della sezione “ PROGETTO PRIMAVERA” e “PRIMAVERA 15"
Al primo posto ARMANDO DANIELE di Caraglio (CN) con "MAREGGIATA".
Al secondo posto GUIZZARDI GIAMPAOLO di Bologna con la poesia "VENTO D'INVERNO".
Al terzo posto ALBERTINI IRIS di Trevozzo di Nibbiano (PC) con " È...".
Segnalazione della Giuria per :
ROCCISANO ALBERTO di Giaveno (TO) con la poesia " DIFFICILE",

I premiati per la sezione "IMMAGINI E RICORDI" risultano:
Primo classificato COSTANTIN ANTONIO di Cantalupa (TO) con "INTAGLIATORE 2". \
Secondo classificato LAGEARD AURELIA e GRIGLIO MILENA di Torino con "FILATRICE ASTIGIANA" (insignite anche de "Il premio del Pubblico" per la migliore fotografia selezionata da Giuria popolare).
Premio Amici della Poesia a:
FERRARA CARLO di Piossasco con la fotografia " IL CHIODAIOLO".
Una selezione delle fotografie in concorso è presente QUI

Infine alcuni "PREMI AMICIZIA" a:
SCUOLA ELEMENTARE G. UNGARETTI di PiossascoSCUOLA ELEMENTARE A. RENOIR di CRAN GEVRIERGwénaell et Julian di CRAN GEVRIER
Selma En Nouri di Piossasco

Come sempre i vincitori vedranno i propri componimenti pubblicati su Internet in data successiva alla premiazione.

Gli "Amici della Poesia" ringraziano di cuore quanti li hanno seguiti con simpatia in questa iniziativa: Sindaco e Assessorato alla Cultura della città di Piossasco, l'A.T. Pro Loco Piossasco, città gemella di CRAN GEVRIER, coro "La Baita", Prof. Francesco Maiolo, Bed and Breakfast "L'Azalea", Giurie del Premio e attenti cronisti presenti alla manifestazione.

Con l'augurio che la poesia cammini sempre al vostro fianco, vi ricordiamo che saremo ancora insieme a partire da metà luglio 2009, direttamente nelle vostre case, su Internet e sulle riviste di settore, con il nuovo regolamento e con alcune novità.

BUONA FORTUNA !


Corrispondenza:
Giuseppe Sabatini - Gruppo Amici della Poesia-
Via G. Deledda, 1 - 10045 Piossasco (To)
Sito web: www.amicipoesia.altervista.org - e-mail: amici.poesia@gmail.com
Info-line: Bruno Spesso ore 15,00-18,00 tel. 011/9064314